Draghi al Quirinale? Lega decisiva. La partita Salvini-Giorgetti e... Inside

Lega decisiva per la partita del Quirinale e il futuro del governo. Inside

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Politica
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Il nuovo gioco della politica italiana? Spaccare la Lega. Dividerla e far passare Matteo Salvini come un leader solo, isolato e nell'angolo. Parlando con deputati e senatori di tutte le forze politiche, dal Partito Democratico a Fratelli d'Italia, la risposta è sempre la stessa: "Dobbiamo vedere che cosa accade nella Lega". Appunto, che cosa accade nel movimento fondato ormai moltissimi anni fa da Umberto Bossi? Il ministro del Turismo, il moderato Massimo Garavaglia, assicura che si tratta di una normale dialettica interna e che alla fine non ci sarà alcuna divisione tra il segretario e il ministro dello Sviluppo economico. Il ping pong ormai è quotidiano. Ieri Giorgetti ha lanciato un paio di bombe strizzando l'occhio a Carlo Calenda a Roma (smentendo poi proprio ad Affaritaliani.it) e ri-lanciando, dopo averlo fatto per la prima volta a La Piazza di Affaritaliani.it, Mario Draghi al Quirinale nel 2022 per poi correre al voto. Il tutto dopo la contrapposizione sull'obbligo del Green Pass, con ministri e governatori favorevoli e schierati con il premier e Salvini contrario, o quantomeno critico, più vicino alle posizione di Giorgia Meloni.

Oggi il leader leghista ha risposto al suo numero due che sul Colle non tira Draghi per la giacchetta ("ne parleremo a febbraio") per liquidare il presunto sostegno al leader di Azione nella Capitale ricordando che "ha smentito". C'è poi, ovviamente, il caso, personale non certamente politico, di Luca Morisi, l'ex guru social di Salvini, che mette ulteriormente il Capitano nel mirino, soprattutto della stampa e degli avversari politici e non dei suoi colleghi di partito. E' indubbio che, come Affaritaliani.it ha scritto qualche giorno, nel Carroccio ci siano due visioni diverse di come stare al governo. E non a caso il titolare dello Sviluppo economico è andato a Conegliano Veneto, nella ricca provincia di Treviso, dove è ancora molto forte il sentimento del Carroccio bossiano, quello dell'autonomia e del federalismo. E' quella la base che ama Giorgetti, oltre a Luca Zaia ovviamente, quella fatta da imprenditori, artigiani, partite Iva e che alla politica della piazza antepone il pragmatismo dicendo sì anche al Green Pass, se serve ovviamente a rilanciare l'economia.

La Lega sta attraversando un periodo certamente non facile, soprattutto per gli affondi mediatici, e le elezioni amministrative del prossimo weekend sono un passaggio chiave. Se Salvini riesce a restare davanti a Fratelli d'Italia a Milano, Torino e Bologna e a non affondare a Roma e in Calabria (a Napoli la lista della Lega non è presente) limita i danni, nella speranza che Beppe Sala non vinca al primo turno all'ombra della Madonnina (città di Salvini). Se invece dovesse verificarsi il sorpasso da parte di Meloni al Nord con un distacco netto (almeno il doppio dei voti) nella Capitale e alle Regionali in Calabria, il day after in Via Bellerio potrebbe non essere facile. Finora tutti i leghisti con cui abbiamo parlato assicurano e garantiscono che non ci sono lotte interne, bensì un normale dialogo, ma che la segreteria di Salvini non è assolutamente a rischio (anche perché nessuno ha la voglia e la forza di provare a prendere il so posto).

Ma lo snodo del voto amministrativo potrà far chiarezza sui prossimi mesi, se non settimane, alla luce anche della partita chiave del Quirinale. Un risultato soddisfacente, comunque non un tracollo nelle urne, consentirà alla Lega di trovare una sintesi al suo interno e di arrivare probabilmente alla partita per l'elezione del presidente della Repubblica in maniera coesa, sostenendo Silvio Berlusconi come candidato di bandiera del Centrodestra nei primi tre scrutini (maggioranza qualificata) per poi lanciare proprio Draghi al Quirinale (proposta di Giorgetti alla quale non si oppone, anche se non lo dice apertamente). Ma in caso di forte arretramento nelle urne, con sconfitta a Milano già il 4 ottobre, è probabile che le divisioni interne aumentino, con un ritorno alle orini del Carroccio bossiano al Nord, soprattutto in Lombardia e in Veneto attorno alle figure di Giorgetti e Zaia, e un Salvini sempre più in difficoltà.

E' evidente, poi, che gli altri partiti giocano a divere la Lega. Eloquenti le parole di oggi di Matteo Renzi: "Giorgetti è una persona seria, io non ho le sue idee. Ne ha date secche a tanti, ci sono 4 milioni di romani che vanno a votare e lui che è di destra dice: il migliore è Calenda. Ha ragione lui. Anche secondo me è il migliore. Penso che Calenda possa andare al ballottaggio e a quel punto sarà il sindaco di Roma". Ma anche dal Pd non arriva mai una critica a Giorgetti, nonostante guidi un dicastero difficilissimo con tantissimi nodi e dossier caldi, mentre contro Salvini e un attacco quotidiano e senza soluzione di continuità. L'obiettivo è chiaro, soffiare sul fuoco di quelle divergenze sul modo di stare nel governo Draghi sperando di arrivare alla spaccatura e all'uscita della Lega (o di un parte di essa) dall'esecutivo di larghe intese.

Ma anche Fratelli d'Italia, a microfono spento, gongola di fronte alle famigerate 'due Leghe', vere o presunte, per imporsi come partito guida del Centrodestra. Mentre un idebolimento di Salvini allontana la federazione con Forza Italia e spinge gli azzurri sempre più verso il Pd (e Renzi), come dimostrano anche le scelte politiche dei ministri Renato Brunetta, Mara Carfagna e Mariastella Gelmini (ad esempio sul Green Pass in perfetta sintonia con i Dem). Insomma, l'esito del voto di domenica potrebbe essere uno spartiacque decisivo per capire l'evoluzione del tema politico chiave di questo periodo, ovvero "che cosa acceda nella Lega?".