La liberazione di Cecilia Sala e il nuovo ruolo dell'Italia nei rapporti tra Usa e Medio Oriente
C'è molto più dei buoni rapporti tra Meloni e Trump dietro l'operazione che ha portato alla liberazione di Cecilia Sala. Casini (Aliseo): "Le prove generali per un nuovo ruolo da mediatore a livelli molto alti per il nostro Paese". L'intervista
Donald Trump e Giorgia Meloni
La liberazione di Cecilia Sala e il nuovo ruolo dell'Italia nei rapporti tra Usa e Medio Oriente
Cecilia Sala è tornata a casa. Dopo essere stata arrestata il 19 dicembre e detenuta per tre settimane in una cella di isolamento del carcere di Evin, a Teheran, la giornalista è atterrata ieri all’aeroporto di Ciampino. Più trascorrono le ore, più appare evidente la complessità dell'operazione diplomatica che ha portato al risultato più atteso. Molto è stato detto del blitz di Giorgia Meloni presso Donald Trump e della partita parallela, quella che riguarda Muhammad Abedini Najafabadi, cittadino iraniano arrestato a Milano. Ma numerosissimi altri sono i dettagli che si sono rivelati decisivi e i protagonisti che hanno giocato un ruolo chiave, lontani dai riflettori. La liberazione di Cecilia Sala dice anche molto del ruolo al quale l'Italia può ambire a livello diplomatico inserendosi al livello più alto ed autorevole nelle interlocuzioni tra Washington e Paesi mediorientali.
Ne abbiamo parlato con Francesco Dalmazio Casini, esperto di geopolitica e direttore di Aliseo. "La liberazione di Cecilia Sala? Una vittoria per governo, diplomazia e intelligence italiani. Potrebbe esserci la possibilità che magari Abedini venga rilasciato in maniera poco sospetta per non destare rumore. Questa operazione potrebbe essere la prova generale di un nuovo ruolo da mediatore a livelli molto alti per il nostro Paese". L’intervista.
Qual è stata la via diplomatica per liberare Cecilia Sala?
La liberazione di Cecilia Sala è una vittoria molto importante per il governo, per la diplomazia e per i servizi segreti italiani. In particolar modo, è un qualcosa che certifica le capacità diplomatiche e dell'intelligence italiana di lavorare in situazioni particolarmente complesse. Il Medio Oriente sta attraversando una fase estremamente magmatica, che quindi costringe all'improvvisazione. Sappiamo che l'Iran è in particolare in una condizione molto complessa perché non solo ha subito una serie di battute d'arresto da parte di Israele nell'ultimo anno, che l'hanno sicuramente molto provato, ma si è ritrovata tutta ad un tratto la perdita del suo alleato principale, cioè la Siria di Assad. Sappiamo che in questi giorni è stato ultimato il ritiro delle milizie fedeli a Teheran in Siria. Di fatto, l'Iran è l'unico attore che il nuovo governo siriano guidato dai ribelli di Al-Jolani ha espulso dal Paese senza possibilità di controbattere. Quindi una battuta d'arresto molto grave per Teheran. Il discorso è che proprio da questa battuta d'arresto, secondo quello che ci dicono fonti vicine all'Aise, dobbiamo partire per capire quale sia stata la leva utilizzata dalla diplomazia italiana per liberare Cecilia Sala. Intanto sappiamo che abbiamo dei rapporti molto approfonditi con i servizi segreti iraniani, costruiti in anni di duro lavoro. Sono gli stessi che portarono alla liberazione di Alessia Piperno, che si trovava in una condizione simile a quella di Cecilia Sala, anche se il momento era diverso. L’Italia è riuscita a intavolare molto presto contatti con il nuovo governo siriano guidato dai ribelli. Non a caso, il 23 dicembre, quando la Sala era già stata arrestata, anche se non era ancora stato reso pubblico, una delegazione italiana si affrettava a incontrare i nuovi leader della Siria.
In che modo questa missione sarebbe stata collegata alla vicenda di Sala?
Probabilmente, l’Italia ha messo a disposizione una mediazione tra l'Iran e il nuovo governo siriano, che ovviamente resta ostile a Teheran, ma essendo due attori così importanti del Medio Oriente hanno reciprocamente bisogno di intavolare una trattativa e di trovare un modus vivendi. Dopo la rottura rappresentata dalla caduta di Assad, molto probabilmente la mediazione di Roma, in particolare quella di Caravelli e dell'Aise, che noi sappiamo essere andato personalmente a prendere Cecilia Sala, è stata la chiave di volta, anche se ovviamente a latere di questo non sappiamo se ci sia altro. Sappiamo che è stato un qualcosa condotto in una condizione estremamente difficile, che ha coinvolto molti ministeri e tantissimi attori separati. Sappiamo anche che non tutto è filato per il verso giusto: secondo quello che ci riporta Il Fatto Quotidiano in merito alle dimissioni di Elisabetta Belloni dal vertice del Dis, il ministro degli Esteri Antonio Tajani si sarebbe fatto scappare ad una riunione con i vertici di Forza Italia che la Belloni addirittura non si sarebbe dimostrata in grado. Parliamo di indiscrezioni, ma è importante sottolineare che probabilmente non c'era un'omogeneità di vedute e probabilmente è stato un qualcosa di molto complesso. L'Italia sta sicuramente acquisendo importanti capacità di muoversi in questi contesti come il Medio Oriente, l'Africa e Nord Africa, che sono cruciali per i nostri interessi nazionali. Una dimostrazione importante in questo senso è arrivata ad esempio nel febbraio 2024, quando l'Aise riesce a mediare con un gruppo di ribelli islamisti che avevano catturato tre italiani, addirittura nel 2022, e riesce a farli liberare. Io credo che questa vicenda possa inserire in un trend di aumento delle nostre capacità, della nostra presenza e della nostra influenza in quello che è il cosiddetto Mediterraneo allargato, che è la prima frontiera dei nostri interessi nazionali.
Molto si è parlato di Trump, ma il presidente degli Usa è ancora Biden...
L'amministrazione Biden è stata un attore chiave perché probabilmente è da lì che viene la volontà di arrestare Abedini. In questo momento, in America, c'è un passaggio di consegne in atto che avverrà tra 11 giorni, precisamente il 20 gennaio. Quindi è ovvio che in questo momento, nonostante il potere esecutivo rimanga nelle mani dell'amministrazione Biden, l'amministrazione Trump è già coinvolta nello svolgimento degli affari di governo. Del ruolo dell'amministrazione Biden sappiamo molto poco. È chiaro che tutto ciò che è stato fatto da parte dell'Italia è stato fatto secondo me in maniera indipendente, ma con il placet statunitense. Su questo non ci piove. In particolare, oggi a Roma non ci sarà Joe Biden, che non è potuto venire a causa dei gravissimi incendi che hanno colpito l’area di Los Angeles. Sappiamo però che Antony Blinken è a Roma proprio per parlare di Siria e di Iran. È ovvio che una delle chiavi di volta è stato l'incontro tra Meloni è Donald Trump che è avvenuto a Mar-a-Lago perché Trump, nonostante non sia ancora Presidente, ha una voce in capitolo importantissima su questioni come queste. Incontro che tra l'altro sottolinea quanto possa essere proficuo il rapporto personale che Meloni ha instaurato con Musk, il quale ha agito come agente di collegamento.
L'Italia come potrebbe capitalizzare queste buone relazioni?
Riguardo ai rapporti tra Italia e Stati Uniti, io credo che si apra una possibilità molto interessante. In contesti in cui gli americani sono ovviamente sgraditi, cioè in Paesi come Iran e Russia, se l'Italia dimostra di sapersi muovere con scaltrezza, facendo i propri interessi nazionali senza al contempo dimenticare la sua collocazione geopolitica, la liberazione di Cecilia Sala e il nostro proficuo contatto con la Siria potrebbero essere una prova generale del fatto che possiamo fare da mediatori anche a livelli molto alti nei rapporti che corrono tra Stati Uniti e queste potenze assolutamente ostili, a cui di fatto siamo ostili anche noi, ma con cui abbiamo una certa facilità a parlare.
E Abedini, adesso?
L'arresto di Muhammad Abedini arriva pochi giorni prima dell'arresto della Sala. Anche se la diplomazia italiana ovviamente dice che non sono casi collegati, è molto difficile non vederci un collegamento. Che cosa succederà non possiamo dirlo, sappiamo che noi abbiamo arrestato a Malpensa Abedini dietro una ad richiesta americana, che però è una richiesta provvisoria. Non abbiamo ancora ricevuto, almeno oggi, 9 gennaio, una richiesta formale di estradizione e nonostante le indagini siano aperte, non c'è ancora un'accusa formale contro di lui. Secondo gli Stati Uniti, è una figura cruciale nello sforzo di produzione e contrabbando di sistemi verso l'Iran, sistemi come quelli che nel gennaio dello scorso anno hanno ucciso i militari americani al confine tra Siria e Giordania. C'è da vedere che cosa decideranno di fare gli Stati Uniti. Anzi, che cosa è stato già deciso, perché altrimenti Cecilia Sala non sarebbe stata liberata. Questa vicenda è già risolta e noi non sappiamo come. Gli Stati Uniti, dal 16 dicembre, giorno in cui è stato arrestato Abedini, hanno 40 giorni per inviare alla Farnesina un fascicolo con le indagini su cui si fondano le accuse. Se dunque entro il 25 gennaio questo fascicolo non perviene, Abedini potrebbe essere liberato. Questo potrebbe essere un modo, da parte americana, di affossare la questione senza destare troppo sospetto, semplicemente non inviando nessun tipo di documento.
Un arresto, quello del cittadino iraniano, che non è stato dunque senza rischi per l'Italia.
L'arresto di Cecilia Sala ci fa capire quali sono i rischi quando si fanno gli interessi dei propri alleati, il che è ovviamente alla base di qualsiasi alleanza, ma comporta dei rischi. Se tutto questo è un plauso da fare alle capacità dei nostri servizi segreti e della nostra diplomazia, è anche un campanello di allarme molto importante perché conferma come noi possiamo essere colpiti e precipitati in situazioni di certo non gradevoli anche quando facciamo un qualcosa che di primo acchito non sembra così grave, come l’arresto di una persona per conto di un nostro alleato.