M5s, la gaffe sul refuso del 2 per mille imbarazza il Movimento

Conte alle prese con problemi di cassa: non ci sono solo le mancate restituzioni. Gli ex M5s vigili: "Degli 8 milioni ne sono stati destinati 4. E gli altri?"

di Paola Alagia
Giuseppe Conte
Politica
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M5s, il refuso nel quesito sul 2 per mille non inficia il voto, ma è segno di grande confusione sotto il cielo pentastellato

Non c’è pace sotto le Cinque stelle. Adesso spunta persino un refuso nel quesito sul 2 per mille sottoposto agli iscritti e che appena ieri ha ricevuto il via libera della base. Galeotto il richiamo, nella domanda, alla normativa sull’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Peccato che il dl di riferimento sia il 149 del 2013 e non il 143 che viene citato. Non bastavano, insomma, i patemi che hanno accompagnato la votazione, soprattutto ai piani alti del M5s – una bocciatura sarebbe suonata come una sconfessione per il capo politico – e pure il tiepido entusiasmo che è scaturito a urne online chiuse tra gli eletti. Lo stesso Giuseppe Conte, a caldo, aveva parlato di “un'importante partecipazione” al voto, salvo poi in serata, ospite a Di Martedì, tenere più a freno l’entusiasmo e parlare soltanto di numeri di affluenza “in linea con le votazioni ordinarie anche del recente passato”.

L’errore, in sé, come ha spiegato l’ex reggente Vito Crimi all’Adnkronos, non inficerà la validità del quesito e del voto. Su questo concorda anche l’avvocato Lorenzo Borrè, che in questi anni ha seguito da vicino le vicende del Movimento e ha ottenuto anche la reintegrazione di molti espulsi. Contattato da Affaritaliani.it, il legale sottolinea di essere “eccezionalmente d’accordo con Crimi” perché “nell’avviso di convocazione il riferimento alla norma era corretto”. La vicenda però rimane singolare lo stesso in quanto prova di un eccessivo ‘rilassamento’ che si respira in casa pentastellata. E pensare, infatti, che della questione 2 per mille si parla già dagli Stati generali. Un tempo più che congruo per evitare questa brutta figura. Ma tant’è.

M5s, dai fasti del Restitution day alle ceneri del day after. Agitazione  anche sulla destinazione di solo 4 degli 8 milioni. L'avvocato Borrè ad Affari: "A settembre l’annuncio delle future votazioni sull’impiego dei rimborsi evocava l'intera somma"

Comunque, questo è solo l’ultimo dei problemi che agita i sonni pentastellati e di Conte in particolare. Per rimanere nell’ambito delle casse del partito, c’è la questione delle restituzioni, che va a braccetto con il nodo ancora da sciogliere sul vincolo del doppio mandato. Quanto basta perché del glorioso Restitution day, di cui i Cinque stelle andavano fieri e orgogliosi, non resti altro che un day after. Un amaro day after, visto che le casse M5s languono. E visto che non è del tutto da escludere neppure una qualche azione, magari da affidare ad un legale, da parte di alcuni ex M5s che ora popolano le diverse componenti del gruppo Misto: “Di sicuro saremo molto attenti agli sviluppi - dice ad Affari uno di loro -. Quattro milioni sono stati destinati e gli altri soldi?”, si chiede.

“E’ una preoccupazione che mi consta – sottolinea col nostro giornale pure Borrè - anche perché a settembre scorso l’annuncio delle future votazioni sull’impiego dei rimborsi evocava la cifra di 8 milioni. Si tratta di capire, quindi, perché sono state disposte solo sull’importo di 4 milioni e non sulla somma quantificata nell’avviso del settembre 2021”. E' questo il nodo che rimane da sciogliere: “Il nostro obiettivo comunque – ci tiene a chiarire l’ex pentastellato - non è ottenere la restituzione di quanto versato, ma pretendiamo chiarezza. Vogliamo la certezza che quelle risorse siano destinate a fini di beneficenza o pubblica utilità”.

M5s, la ‘normalizzazione’ Cinque stelle ne ha già fatta di strada. Il 2 per mille è solo l’ultimo totem identitario caduto

Una cosa è certa: se con il 2 per mille è caduto ormai anche l’ultimo totem identitario del fu-M5s, la normalizzazione pentastellata è già in corso da tempo, con un correntismo che non ha nulla da invidiare ai tanto vituperati, per loro, partiti tradizionali. Lo si è visto con l’elezione del capogruppo M5s al Senato – lì ha avuto la meglio la dimaiana Castellone, dopo il passo indietro dell’uscente e ricandidato Licheri – e lo si vedrà anche alla Camera. Anche qui l’uscente e ricandidato Davide Crippa è dato, almeno a sentire i deputati, per vincente.

Conte, insomma, sarà destinato a rimanere col cerino in mano? “Si cercherà di bilanciare – racconta una fonte parlamentare M5s – con la squadra di Crippa”. Si tira a campare, insomma. Ma quanto potrà durare? Da un lato infatti c’è il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che continua a giocare la sua partita dall’interno, e dall’altro c’è Alessandro Di Battista, che conduce le danze da fuori e potrebbe, chissà, anche lanciare un’opa sul M5s. “L’immagine è un po’ quella del vaso di coccio in mezzo ai vasi di ferro”, dice un eletto. “Siamo come d’autunno sugli alberi le foglie - aggiunge un altro -. E ancora c’è il capitolo del Quirinale tutto da scrivere. Ne vedremo delle belle…”.