Mani Pulite e "il primato del potere giudiziario", parla Davigo

L'ex pm su affaritaliani.it smonta la ricostruzione di Giovanni Pellegrino, ex senatore del Partito Comunista italiano

di Gabriele Penna
Piercamillo Davigo e il direttore di affaritaliani.it, Angelo Maria Perrino, alla kermesse "La Piazza", a Ceglie Messapica
Politica

Mani Pulite e "il primato del potere giudiziario", parla Davigo

L’ex pm Piercamillo Davigo risponde a Giovanni Pellegrino e lo fa da affaritaliani.it. Questa mattina, l’ex senatore del Partito comunista, poi Partito democratico della sinistra, dalle colonne del Corriere della Sera, ha accusato la procura di Milano di aver tentato di “affermare il primato del potere giudiziario” con l’inchiesta “Mani pulite” del 1992  affossando, così, la Prima Repubblica. Sostanzialmente un'accusa di golpe.

Pellegrino riporta un dialogo con Massimo D’Alema: "Era la primavera del 1993. Mi concesse un incontro ma dopo pochi minuti mi zittì: "Come al solito voi avvocati siete contro i pubblici ministeri. Volete capirlo che questi di Milano stanno facendo una rivoluzione? E le rivoluzioni si sono sempre fatte con le ghigliottine e i plotoni d’esecuzione. Perciò cosa vuoi che sia qualche avviso di garanzia o qualche mandato di cattura di troppo? Eppoi Luciano Violante mi ha detto che possiamo stare tranquilli, perché Mani Pulite non se la prenderà con noi".

Quando lo raggiungiamo al telefono, Davigo ci risponde con il piglio che lo contraddistingue. Deciso, puntuto, fermo. “Pellegrino non sa che cosa dice. È stato confermato tutto in Cassazione”, taglia corto. “Ma dottore, Pellegrino…”, veniamo interrotti da Davigo che continua la frase: “Dice stupidaggini”. All’epoca “si rubava a man bassa”.

Massimo D'Alema

Il magistrato che insieme ad Antonio di Pietro e a Gherardo Colombo ha composto il tridente magico del pool della Procura di Milano che ha terremotato l’Italia in quegli anni è stanco di questi tentativi di riscrivere la storia. “Hanno rubato centinaia di miliardi di lire. Le faccio un esempio soltanto: Malpensa, nuovo aeroporto, la spesa prevista dopo le varianti in corso d’opera era di 4mila 300 miliardi, dopo il nostro intervento è tornata a 2mila 600 miliardi”.

Si passa al tema delle “cooperative rosse”. Pellegrino, va ricordato, è stato presidente della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, l’organo che autorizzava o meno la Procura a procedere nei confronti di un politico indagato. L’ex comunista spiega che quando “i finanziamenti russi cessarono, il Pci iniziò ad essere alimentato dalle cooperative che partecipavano agli appalti pubblici”.

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“Le cooperative si chiamavano rosse perché finanziavano il Pci e lo scrivevano a bilancio, quando c’erano casi di corruzione abbiamo proceduto anche contro le cooperative, come quella di Argenta, e la Cmc, quindi Pellegrino come al solito è quantomeno approssimativo e non conosce le cose di cui parla, perché se le conoscesse sarebbe un diffamatore deliberato”, spiega Davigo.

L’ex magistrato ora in pensione ha raccontato tutta la vicenda in un testo: “Io ho scritto un libro, c’è la ricostruzione dei fatti, ‘L’occasione mancata’”. Perché occasione mancata? “Perché abbiamo perso l’occasione di diventare più simili ai Paesi a cui crediamo di assomigliare”. Con l’inchiesta che ha coinvolto il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti,  si torna al sistema del 1992? “Non si è mai usciti da quel sistema”, è lapidario Davigo che dopo un sospiro dice: “Non se ne può più di sentire queste cose da gente che è o in malafede o ignorante”.

Capitolo Titti Parenti. Pellegrino parla della pm che prese l’inchiesta in mano per una serie di casi fortuiti: “A Milano Saverio Borrelli si era preso qualche giorno di riposo, in cui si era fatto fotografare a cavallo. Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo erano volati in Brasile a spiegare ai magistrati brasiliani come si potevano mettere in galera i politici. Gherardo Colombo era in tour per l’Europa a fare conferenze. E alla Procura era rimasto solo Gerardo D’Ambrosio. Che però aveva il cuore trapiantato e per il caldo dovette andare in ospedale”. Era rimasta Titti Parenti, “che i colleghi del pool avevano sempre tenuto ai margini dell’inchiesta”.

Secondo Pellegrino a Parenti “non le parve vero di potersi prendere la scena. Ed ebbe l’idea di mandare al Senato una richiesta di autorizzazione a procedere contro Marcello Stefanini, ultimo tesoriere del Pci e primo del Pds: gli contestava frode tributaria, finanziamento illecito e ovviamente corruzione aggravata. Dalle carte notai che la richiesta era debolissima ed ero già deciso a rigettarla. Ma nel Pds intanto era scoppiato il putiferio”.

Da sinistra a destra: Piercamillo Davigo, Antonio Di Pietro e Gherardo Colombo

E infatti Davigo su questo punto afferma che Titti Parenti “non ha cavato un ragno dal buco” spiegando che “il problema è che poi era stata presenta da Berlusconi come ministro della Giustizia del loro governo, ovviamente non l’hanno fatta ministra della Giustizia, perché le prove contro Greganti (funzionario comunista condannato per finanziamento illecito, pena successivamente patteggiata ndr) sono state trovate non da lei, ma da altri”.

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Dopo di che “rimane il fatto che Greganti, piaccia o non piaccia, con i soldi dell’ultima mazzetta che aveva preso si è comprato la casa, vendendo la casa dove abitava prima e mettendo insieme i soldi della mazzetta con quelli della casa che aveva venduto. Certamente quei soldi non erano finiti al partito (“certamente!”, lo ripete e lo esclama ndr) perché c’era la prova documentale di dov’erano finiti”.

Davigo conclude con quello che può essere definito come l’episodio-emblema delle vicende che intrecciano la storia del Partito democratico della sinistra (ex Partito comunista) di quegli anni a quella di Tangentopoli: “Gardini portò un miliardo di lire a Botteghe oscure (vecchia sede del Partito comunista ndr). Gli unici tre che sapevano chi era il percettore erano: il percettore, Gardini che si è suicidato e Cusani che non ha mai voluto parlare. Allora che cosa vuole da noi Pellegrino invece di parlare della Parenti, che non a caso ha lasciato la magistratura?”.

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