Maraio (PSI): "Con la Schlein un argine contro i sovranisti"
Il segretario del Partito Socialista si confessa ad Affari: "Altro che sgrammaticatura, La Russa vuole riscrivere la storia"
Maraio (PSI): "Con la Schlein un argine contro i sovranisti come in Spagna"
"Le frasi di La Russa su Via Rasella? Non sono state una sgrammaticatura istituzionale come dice la premier ma un goffo tentativo di riscrivere la storia". Enzo Maraio, segretario dal 2019 del Partito Socialista Italiano, racconta ad Affaritaliani.it la sua visione di progressismo e la speranza di una svolta con Elly Schlein dopo la "batosta" delle ultime elezioni politiche.
Maraio, alle ultime elezioni il PSI si è alleato con il PD, e lei spese parole di grande apprezzamento nei confronti dell’allora segretario Enrico Letta. Come cambierà il rapporto tra i partiti dopo l’elezione di Elly Schlein alla guida del Partito Democratico?
Letta ha saputo guidare il Partito Democratico in un momento delicato di grande difficoltà, con equilibrio e responsabilità, in una fase in cui i partiti di sovranisti di destra erano in ascesa in tutta Europa. Elly Schlein ha avviato una stagione di rinnovamento nella politica italiana ma ha anche gettato le basi per aprire una fase di collaborazione tra le varie tradizioni interne al Pd: considero questi due fattori molto importanti e l’effetto nei sondaggi inizia a vedersi. Elly sa che per essere competitivi e vincere le elezioni deve costruire attorno a se un movimento plurale ed inclusivo, che condivida con gli altri partiti e movimenti temi non più rinviabili come la lotta al lavoro precario, l’affermazione di scuola e sanità pubblica e dei diritti sociali accanto a quelli civili, perché l’opposizione tout court non basta più mentre c’è un governo di destra-centro che si rafforza e che ha lasciato indietro i più deboli. I socialisti hanno intrapreso un percorso di costruzione di un’area riformista socialista che ‘copra’ quello spazio politico che oggi è carente nella sinistra italiana. Con gli Stati Generali del socialismo italiano intendiamo affermare le politiche socialdemocratiche che nel nostro paese sono mancate negli ultimi anni e che avrebbero invece arginato l’ascesa dei sovranisti, come è successo nella Spagna socialista di Sanchez. E’ il nostro contributo a quell’area plurale di cui c’è urgente bisogno per affrontare le sfide della complessità.
Il conflitto russo-ucraino continua senza tregua e non sembra vedersi una luce in fondo al tunnel. Condivide la scelta dell’invio delle armi per tutto il 2023 come stabilisce il nuovo decreto-legge?
Noi abbiamo sostenuto sin dal principio e senza esitazione la resistenza ucraina. E le resistenze sono tutte uguali: chi fa distinguo finisce per legittimare l’invasione russa di Putin. E’ vero che l’Europa deve svolgere un ruolo diplomatico, altrimenti risulterà debolissima nello scacchiere geopolitico, ma oggi non vedo alternativa al sostegno, anche militare, all’Ucraina. Putin punta a una guerra lunga perché si possa tradurre in una resa: tutto questo va impedito e il sostegno a Kiev da parte dei paesi europei va piuttosto rafforzato. Va detto che in questa partita il governo italiano ha giocato un ruolo importante e di responsabilità, nonostante all’interno delle forze di maggioranza ci siano posizioni diverse.
Sappiamo che l’Italia è in grave difficoltà per quanto riguarda gli investimenti con i fondi del PNRR. Il governo attuale ha attaccato quello precedente presieduto da Mario Draghi accusandolo di aver ereditato da lui i ritardi attuali. Lei cosa ne pensa?
Trovo sia vergognoso il gioco dello scaricabarile che è partito tra i membri del governo: prima Fazzolari che attribuisce la colpa dei ritardi al Conte2, un’era geologica fa. Poi Fitto che se la prende con Draghi, salvo essere smentito da Giorgia Meloni, che a sua volta ha puntato il dito contro l’Europa. La verità è che la sfida del PNRR sarà decisiva per la crescita del Paese – 3 punti di Pil ‘contro’ lo zero virgola – e perdere la tranche dei 19 miliardi per i ritardi nella presentazione dei progetti sarebbe un vero disastro per l’Italia. La responsabilità cadrebbe tutta su questo governo che sta dimostrando tutta la sua inadeguatezza. Il PNRR, in ordine di ‘grandezza’ rispetto ai fondi e gli investimenti, è dieci volte il Piano Marshall e l’Italia ha avuto la quota più alta di investimenti. Non è un’opportunità che possiamo permetterci di perdere. Ci sono delle scadenze da rispettare e nel governo regna il caos e una impressionante povertà di idee e di visione di Paese. Siamo preoccupati ma tutto questo era purtroppo prevedibile.
Meloni ha parlato di “sgrammaticatura istituzionale” per le parole del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, sull’eccidio di Via Rasella. Pensa fossero necessarie le dimissioni come ha sostenuto l’ANPI?
Più che di ‘sgrammaticatura istituzionale’, come sostiene la premier, mi è sembrato un goffo tentativo di riscrivere la storia del nostro Paese. Non si può sostenere che a via Rasella furono uccisi ‘una banda musicale di altoatesini pensionati’, perché significa delegittimare la Resistenza. Un’offesa a chi ha contribuito a liberare il nostro Paese dalla dittatura nazifascista. L’aggravante è che questo tentativo di revisionismo sia venuto dalla seconda carica dello Stato che ha un modo preciso di vedere la società: la richiesta di dimissioni è caduta nel vuoto proprio per questa ragione.
In Finlandia ha trionfato il centrodestra, così come successo in Svezia qualche mese fa e in Italia il 25 settembre. I socialdemocratici stanno vivendo una grossa crisi a livello europeo. Secondo lei come se ne esce?
In realtà, a ben vedere i risultati delle elezioni, la Sdp ha ottenuto il 20% dei voti e 43 seggi, meglio del 2019. Il punto qualificante delle elezioni, però, non era l’adesione o meno all’Alleanza atlantica, che Sanna Marin aveva sostenuto con forza, ma l’economia. In un paese di 5 milioni e mezzo di abitanti, dove c’è stato un tasso di partecipazione prossimo al 72 per cento, era normale fosse la questione più sentita. Ma con l’inflazione schizzata all’8,8%, dopo pandemia e guerra, con l’impennata di energia e materie prime, i finlandesi hanno scelto la proposta sovranista più lontana dall’Europa. Un duro colpo per il campo socialdemocratico europeo, minacciato da una nuova ondata di nazionalismo, che si dovrà rinsaldare alle elezioni europee del prossimo anno, con un lavoro comune e condiviso con tutte le forze socialiste e socialdemocratiche d’Europa.
La Presidente del Consiglio ha parlato di introdurre il liceo “made in Italy” per valorizzare percorsi che spieghino il legame che esiste tra nostra cultura, i territori e la nostra identità». Ritiene sia una proposta adeguata in ambito scolastico?
Da un governo che dovrebbe avere a cuore il futuro del paese mi sarei piuttosto aspettato una difesa strenua del diritto all’istruzione pubblica, che rischia di spaccarsi proprio a causa della paventata riforma Calderoli sull’autonomia differenziata dove, se andasse frettolosamente in porto, ci sarebbero studenti di serie A e studenti di serie B. Quella del liceo del “made in Italy”, come anche altre proposte del governo, è un’idea assai fantasiosa, che segnala uno spirito nazionalista e revanscista, che nulla ha a che fare con la tutela della cultura e dell’identità italiana. Il governo ha deciso di piantare una bandierina ideologica al giorno, come arma di distrazione di massa rispetto ad altri problemi. Non è un buon segnale.