Meloni precetta i ministri. In Aula, un ordine. Ecco che cosa c'è dietro

Banchi del governo strapieni al premier time, assenti solo Tajani e Salvini (volutamente). L'ordine di Palazzo Chigi

Di Alberto Maggi
Giorgia Meloni
Politica

Non si era mai visto. Tutto il governo schierato al fianco della premier. E non è stato un caso

 

C'è un particolare che nessuno ha notato o quantomeno sottolineato del question time (anzi, premier time) di ieri a Montecitorio della premier Giorgia Meloni. Tutti si sono concentrati, ovviamente, sullo scontro tra la presidente del Consiglio sia con Elly Schlein sia con Giuseppe Conte. Ma il fatto politicamente rilevante è che i banchi del governo erano strapieni, mancavano solo i due vicepremier, Antonio Tajani (in missione all'estero) e Matteo Salvini. Seppur non fossero chiamati a intervenire, c'erano quasi tutti i ministri presenti al fianco di Meloni, addirittura non riuscivano a trovare posto per sedersi.

Secondo quanto risulta ad Affaritaliani.it, dietro c'è stato un input arrivato direttamente da Palazzo Chigi, dalla premier e dal potentissimo sottosegretario Gianbattista Fazzolari. Una sorta di chiamata alle armi, un ordine di servizio: tutti presenti in Aula (tranne i vicepremier), tutti precettati, per dare un segnale di compattezza della maggioranza.

Fonti sia della maggioranza sia delle opposizioni sottolineano che "una cosa del genere non si era mai vista prima". Solitamente al question time del presidente del Consiglio è presente il ministro per i rapporti con il Parlamento, ma ieri sembrava il voto di fiducia per l'insediamento del governo. Esentati Tajani e Salvini in quanto leader dei due partiti alleati di Fratelli d'Italia, Meloni e Fazzolari hanno preteso la presenza in massa dei ministri, non solo di FdI. Tanto che per fare solo un esempio era presente anche Giancarlo Giorgetti, che certamente ne avrebbe di lavoro al ministero dell'Economia.

La spiegazione che danno fonti qualificate è che Palazzo Chigi voleva dare un segnale di compattezza, di forza e di unità della coalizione e dell'esecutivo. Non lasciare Meloni sola nello scontro con i due leader dell'opposizione, Schlein e Conte. Dietro le quinte, fonti di FdI, leggono questo sottile segnale come la volontà della premier di dettare lei l'agenda politica, i tempi e i modi. Imponendo la sua volontà sui ministri e sugli alleati. Un segnale che può essere però letto in due modi: di forza in quanto obbliga i ministri a essere presenti in Aula al suo fianco e, dall'altro, anche di debolezza. Come se non volesse restare sola di fronte agli attacchi delle opposizioni, non solo di Schlein e Conte ma anche di Maria Elena Boschi.

E soprattutto c'era la diretta televisiva sulla Rai. E Meloni voleva dare il segnale mediatico agli italiani della compattezza della maggioranza, in un momento nel quale le divergenze non mancano nella maggioranza. Ad esempio sull'Ucraina con l'ordine del giorno del capogruppo della Lega al Senato Massimiliano Romeo che è stato riscritto per avere l'ok del governo, altrimenti avrebbe avuto solo il sì del M5S. Per non parlare della partita delle Regionali con la scelta di scaricare Christian Solinas in Sardegna che ha lasciato molte ferite nella maggioranza. Il tutto con l'incubo della manovra correttiva in estate quasi certa visto che la Bce non taglierà i tassi di interesse prima dell'estate.

Molti i motivi di confronto e forse anche scontro nella maggioranza, ad esempio anche le riforme (Giustizia, tempi dell'autonomia alla Camera e premierato), che potenzialmente possono indebolire la presidente del Consiglio. Da qui l'ordine tassativo di essere tutti presenti in Aula, tranne i due vicepremier per evitare che il serrate le fila fosse plastico ed eccessivo. Ma i più attenti osservatori si sono accorti di questo dettaglio, che non è affatto un dettaglio, dei banchi del governo strapieni.

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