Lo sguardo libero
L’autonomia differenziata? Un passo importante verso il federalismo
Essenziali le risorse per il Fondo di perequazione e la garanzia dell’unità economica e della coesione sociale
Italia Paese unico nell’istruzione classica a livello diffuso
Il Senato approva il ddl sull’Autonomia differenziata delle Regioni, voluto dal ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli (Lega), che andrà alla Camera dove dovrà essere promosso con la maggioranza assoluta. Il centro-sinistra insorge e promette il referendum. Al di là delle diatribe politiche (“Un orrendo baratto sul premierato”, dice Elly Schlein riferendosi al sì del partito della premier Giorgia Meloni), il voto sembra andare nella direzione del federalismo, un caposaldo della democrazia liberale.
Vengono introdotti alcuni elementi per garantire l’unità economica e la coesione sociale del Paese. La pecca – sembra temporanea (!?) – è che il Fondo di perequazione di cinque miliardi per le Regioni a statuto ordinario che non chiederanno l’autonomia – per ragioni di bilancio statale - non potrà essere finanziato. È quanto sostiene per il Pd Francesco Boccia: “C’è il trucco. Un’autonomia seria deve garantire risorse, ma non è stato messo un euro nel Fondo di perequazione. Chi ha i soldi come il Veneto, potrà fare intese su asili e altro. Chi non ce l’ha si arrangi.”
La democrazia nel senso più pieno è espressione dell’individuo, di cui viene assecondato e premiato il merito, attraverso l’uguaglianza, le pari opportunità per chi parte svantaggiato e il principio di tolleranza. Per questo privilegia tutto ciò che è vicino al cittadino: l’elezione diretta dei suoi rappresentanti nelle istituzioni, il liberismo economico, la difesa della democrazia (anche con la guerra – si veda la difesa di Israele contro l’attacco del 7 ottobre e gli orrori animaleschi compiuti dai terroristi di Hamas verso i cittadini israeliani) e il federalismo appunto: la cosa pubblica prossima al cittadino, che lavora onestamente e paga le tasse (il nostro Paese esprime la vergogna che meno del 14% degli italiani ne pagano i due/terzi e il 40% delle dichiarazioni dei redditi è sotto i 15mila euro… come dice il capo dello Stato Sergio Mattarella: “la Repubblica è di chi paga le tasse”) e vuole che alquanta parte di esse rimangano sul suo territorio (federalismo fiscale) - fatti salvi i principi di solidarietà e unità nazionale.
Diversi passaggi della riforma Calderoli sembrano andare verso la tutela della democrazia italiana. Le singole Regioni potranno contrattare con lo Stato fino a un massimo di 23 materie: tra cui Salute, Istruzione, Sport, Ambiente, Energia Trasporti, Cultura e Commercio estero. Tutto ciò dovrà essere subordinato ai LEP – Livelli essenziali di prestazione, ossia degli standard minimi di servizio indipendentemente dal luogo di residenza del cittadino.
Per giunta lo Stato si riserva di intervenire e il Governo può sostituire Regioni, Città metropolitane, Comuni e Provincie se inadempienti sui trattati internazionali, normativa comunitaria e sicurezza pubblica. Molto importante (a proposito di tutela della democrazia) è che i LEP siano molto stringenti in tema di diritti civili e sociali.
Sembra molto negativo che per ora (!?) il Fondo perequativo di cinque miliardi per le Regioni che non chiedano l’autonomia sia, a causa dei noti problemi di bilancio dello Stato, a fondo zero, come ha ricordato il MEF, guidato dal ministro Giancarlo Giorgetti.
L’auspicio è che tale sistema – che comunque non è eterno; il provvedimento stesso, del resto, prevede che l’autonomia concordata tra Stato e Regioni duri dieci anni, debba essere rinnovata o può terminare prima con preavviso di 12 mesi – garantisca l’omogeneità economica e sociale del Paese. Rimangono dei punti interrogativi, si pensi alla cultura straordinaria e all’istruzione ricevuta dagli italiani (da Dante a Manzoni) e al fatto che il nostro Paese è l’unico dove si insegnano a livello diffuso il latino e il greco antico. Sarebbe un vero suicidio se anche solo una parte di ciò sia sostituito dall’insegnamento del dialetto bergamasco o emiliano e via dicendo (vale la regola: “i Signori parlano come un libro stampato”).
Tutto bene verso il federalismo? Insomma… come afferma Enrico Mentana, l’Italia ha un deficit di liberalismo.