Meloni da Trump per un "bilaterale": se non ottiene nulla per l'Europa penserà all'Italia. Ansia a Chigi per il punto stampa

Il tycoon può dire qualunque cosa. Retroscena

Di Alberto Maggi

Donald Trump e Giorgia Meloni

Politica

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Giorgia Meloni è ormai una leader navigata e conosce bene le insidie del suo viaggio a Washington. E siccome è anche una politica che fa della genuinità un punto di forza, fatica a dissimulare anche in pubblico la complessità del momento. Non ne ha fatto mistero nemmeno ieri alla cerimonia per la giornata nazionale del Made in Italy, facendo anche riferimento alle “pressioni” a cui sarebbe sottoposta. 

Ci sono quelle esplicite, come quella del presidente degli industriali Orsini; e ci sono quelle implicite, come quelle dei partner europei tanto per cambiare divisi sull’approccio da tenere verso il viaggio di Giorgia. Così, mentre Sanchez sceglie la Via della Seta, Macron è più cauto ma è difficile pensare possa fare il tifo per la rivale Meloni. Più defilata la Germania. Speranzosi Ursula e il suo fidato commissario Sefcovic

Le condizioni di partenza sono certamente migliori dopo la tregua di 90 giorni annunciata da Trump sui dazi reciproci con l’Ue, ma non si sottovalutano affatto i rumor in arrivo dalla Casa Bianca sulla indisponibilità di Trump ad accettare la proposta Ue di “dazi zero” su auto e prodotti industriali. Meloni ci puntava ma ora sa che dovrà arricchire il menù, sia sul lato delle offerte che su quello delle richieste. 

E sa che si troverà davanti un interlocutore personalmente ben disposto, desideroso di coltivare un’amicizia speciale con la premier italiana ma indisponibile a grandi concessioni nel pieno della guerra commerciale globale con la Cina. Non è stato letto come casuale infatti un passaggio delle dichiarazioni del solitamente taciturno ma sempre potentissimo sottosegretario Fazzolari che ieri ha richiamato il carattere bilaterale dell’incontro, quasi a dire “se non potremo portare a casa qualcosa di utile per l’Europa, Meloni farà gli interessi dell’Italia”.

La partita è aperta, Meloni prepara l’incontro di giovedì (e quello di venerdì a Roma con J.D. Vance) mentre gli sherpa lavorano sul momento con la stampa: è lì che Trump, come dimostrato con Zelensky, può dire qualsiasi cosa. Ed è lì che occorre evitare che la tela lungamente tessuta dalla premier finisca per squarciarsi.

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