Meno tasse ma solo al Sud. La 'vendetta' anti-Lega di Meloni per l'autonomia

La "scusa" sarebbe la procedura d'infrazione dell'Ue che brucia dieci miliardi di euro all'anno

Di Alberto Maggi
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Politica

Non è un caso se al Sud il primo partito è il Pd e non FdI. Timori sui ballottaggi

 

Giorgia Meloni non avrebbe voluto l'autonomia regionale differenziata. Su questo in Parlamento, fonti non solo delle opposizioni, hanno pochi dubbi. E' stata obbligata dall'accordo elettorale siglato prima delle elezioni politiche ad accettare la storica riforma voluta da anni dalla Lega. La premier è riuscita a rinviare il via libera definitivo a dopo le elezioni europee ma ciò non è bastato ad arginare la perdita di consensi per Fratelli d'Italia nel Sud.

Secondo i sondaggi prima del voto, FdI avrebbe dovuto essere il primo partito anche nel Mezzogiorno e invece la prima forza politica al Sud è stata il Partito Democratico. E sia tra i Dem sia tra i meloniani la causa (o la colpa) è proprio l'autonomia regionale. E in molti scommettono che il Centrodestra perderà quasi tutti i ballottaggi al Sud delle Comunali proprio per il cosiddetto "regalo" al Carroccio. Il premierato è una tipica riforma di destra, conservatrice e quindi sta nel dna di Fratelli d'Italia ma anche di Forza Italia, visto che lo stesso Silvio Berlusconi parlava molti anni fa di presidenzialismo.

Ma l'autonomia non piace affatto a un partito centralista come FdI, anche se oggi fortissimo al Nord, e nemmeno ai Popolari europei e così vanno lette non solo le critiche di Occhiuto, presidente della Calabria, ma anche le preoccupazioni di Forza Italia che ha fortemente mitigato il testo di Calderoli sia al Senato sia alla Camera. Ma ora la presidente del Consiglio ha in mano l'arma per "vendicarsi", tra virgolette, del "regalo" fatto obtorto collo a Salvini e alla Lega.

La procedura d'infrazione aperta dalla Commissione europea contro l'Italia e la Francia sui conti pubblici prima di tutto avvicina Meloni e Macron (che i leghisti chiamano "bombarolo" e "guerrafondaio") ma soprattutto lascia pochissimi margini di manovra al governo per il 2025 nella prossima Legge di Bilancio. Dieci miliardi di euro ogni anno se ne andranno per sottostare alle nuove regole del Patto di Stabilità e quindi restano risorse esigue per intervenire.

Ed ecco che a Palazzo Chigi sta maturando l'idea di non intervenire affatto sulle pensioni, e lasciare l'attuale sistema, nonostante la Lega chieda di passare subito a Quota 41 per tutti. E soprattutto - un vero colpo di scena - nella manovra per il prossimo anno il governo, vista la situazione dei conti pubblici potrebbe limitare i tagli all'Irpef soltanto alle aree più disagiate del Paese, ovvero al Mezzogiorno. Annullando quindi il taglio delle tasse introdotto dal governo Draghi per il Nord.

Una sorta appunto di "vendetta" nei confronti della Lega che ha spinto, voluto e ottenuto l'autonomia ma che ora potrebbe dover ingoiare il rospo della mancata conferma della detassazione al Settentrione. In questo modo la premier e Fratelli d'Italia darebbero un segnale agli elettori del Sud lasciando intendere che questa decisione è figlia non solo della situazione economico-finanziaria ma anche del via libera all'autonomia regionale. Incolpando quindi indirettamente la Lega e questo per non far perdere a Fratelli d'Italia il grandissimo consenso elettorale che ha al Nord. Uno scenario, per ora, ma che prende corpo tra i corridoi del Parlamento.