Migranti, accelerata di Meloni sul decreto Paesi sicuri: diventa un emendamento al decreto Flussi
Il governo accelera sui migranti dopo il ricorso alla Corte europea del Tribunale di Bologna
Migranti, accelerata di Meloni sul decreto Paesi sicuri: diventa un emendamento al decreto Flussi
Il governo accelera sui migranti dopo il ricorso alla Corte europea del Tribunale di Bologna. Il decreto Paesi sicuri, ora all'esame del Senato, sarà fatto decadere e trasformato in un emendamento al decreto flussi, in Aula il 21 novembre, in modo da avere più rapidamente la conversione in legge durante la sessione di Bilancio.
Il decreto Paesi sicuri diventa un emendamento al decreto flussi
Il decreto 'Paesi sicuri' diventa un emendamento al decreto flussi e sarà all'esame dell'aula della Camera giovedì 21 novembre. Lo ha stabilito la conferenza dei capigruppo di Montecitorio. Il decreto legge "Paesi sicuri" finalizzato all'identificazione delle nazionalità di provenienza dei migranti che potrebbero essere oggetto delle procedure accelerate nei centri realizzati in Albania e presentato al Senato per l'avvio dell'esame sarà dunque inserito in un apposito emendamento al decreto flussi in discussione alla Camera. La notizia viene diffusa parallelamente alla Camera e al Senato nel corso della conferenza dei capigruppo.
Un fatto "gravissimo" che manifesta un "forte imbarazzo della maggioranza". Questa la valutazione di Partito democratico e Alleanza Verdi Sinistra al Senato circa l'eventualità annunciata alla Camera che il decreto Paesi sicuri possa trasformarsi in un emendamento al decreto Flussi, sottraendolo a un approfondito esame parlamentare. Dl Paesi sicuri che per scelta del governo verrebbe 'scippato' al Senato, essendo stato appena incardinato nella commissione Affari costituzionali del Senato. Per il presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia, "è gravissimo quello che e' accaduto perche' un provvedimento cosi' discusso e cosi' fortemente sentito dal Paese viene prima presentato e poi ritirato dalla Camera, e poi presentato al Senato e dopo qualche giorno e di fatto lasciato morire per evitare che le opposizioni aprano il palazzo a chi e' fuori".
Tutto questo perche' "chiedevamo e chiediamo con forza le audizioni", stigmatizza Boccia. Richiesta formulata "in maniera unitaria anche nella Conferenza dei capigruppo". Ciò detto, la scelta del governo "di far 'morire' il decreto e' gravissima perche' calpesta le prerogative del Parlamento", lamenta il Capogruppo Dem al Senato, scelta operata "annunciando in maniera poco rispettosa che ci sarebbe poi un emendamento in un altro provvedimento alla Camera". Per questo "abbiamo protestato", dice Boccia, e il Presidente del Senato Ignazio La Russa si impegnerà in "un'opera di moral suasion verso la prima commissione". Noi, conclude, "ci aspettiamo che in commissione ci siano audizioni", perché "o il decreto viene ritirato oggi stesso e a quel punto non esiste piu', oppure, se c'e', si rispetta il Parlamento e le regole le decide il Parlamento". Sulla stessa linea il presidente del Gruppo Misto, Peppe de Cristofaro, di Avs, che parla di "forte imbarazzo della maggioranza, un imbarazzo abbastanza palpabile della maggioranza". Questa vicenda "mi pare dia il senso di un disprezzo per le regole democratiche e della centralita' del Parlamento". A giudizio di De Cristofaro si tratta di "probabilmente di un tentativo per minimizzare l'impatto nell'opinione pubblica, ma conservandone il merito e togliendo la possibilita' alle opposizioni di svolgere il proprio ruolo, che è quello di portare la discussione fuori dalle Aule parlamentari e farla vivere nel Paese reale".
Il governo ha annunciato oggi ufficialmente in Commissione la decisione di convertire il decreto 'Paesi Sicuri' in un emendamento da presentare ad un altro decreto, quello 'flussi' ora all'esame della Camera ed è ovvio che dunque su questo non abbiamo alcun motivo per andare avanti con i lavori". Lo ha detto il presidente della Commissione Affari Costituzionali, Alberto Balboni, commentando con i giornalisti quanto emerso dalla Conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama, compresa la protesta delle opposizioni. Il presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia, aveva infatti rivolto un appello a Balboni affinché desse "comunque inizio ad un ciclo di audizioni" sul provvedimento. "Ma questo - spiega il presidente della I Commissione - non avrebbe senso perché è evidente che, di fronte alla scelta tecnica del governo di trasformare il decreto in un emendamento ad un altro testo, la scelta politica della maggioranza non può essere quella di andare contro il governo".
"Le opposizioni, già in Commissione, e cioè Giorgis del Pd, Majorino del M5S e Musolino di IV, avevano chiesto di andare avanti con le audizioni - racconta ancora Balboni - osservando che comunque il contenuto del provvedimento 'quello è'. Ma la maggioranza, nei suoi vari interventi, ha risposto in sostanza: 'Ma cosa le facciamo a fare se non sappiamo neanche esattamente quale testo ci arriverà dalla Camera?', visto che non è detto che alla fine non si cambi qualche cosa. Così, io mi sono preso l'impegno come presidente della Commissione di fare sì le audizioni, ma sul progetto di legge che ci arriverà da Montecitorio". Non prima.
"Così infatti - precisa il senatore di FDI - avremo un testo chiaro e preciso su cui discutere visto che, ripeto, nel passaggio alla Camera, potrebbero cambiare delle cose come ho letto anche su alcuni giornali oggi". E ci "sono stati anche dei voti in Commissione su questo", incalza Balboni. "La proposta di fare comunque delle audizioni sul decreto avanzata dall'opposizione - prosegue Balboni - è stata già bocciata in Commissione a maggioranza".
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