Cronache
Migranti: tutti gli scontri tra magistratura e politica
Dal processo a Salvini agli ultimi episodi. Ecco l'elenco delle contestazioni dei giudici alle norme del governo
Migranti, tutti gli scontri tra magistratura e politica. Dal processo a Salvini agli ultimi episodi
Il tema migranti è di sicuro il terreno dove lo scontro tra giustizia e politica, anzi, tra magistratura e politica, si fa più acceso. E la lista delle situazioni e degli episodi in cui i due poteri dello Stato si sono trovati l'uno contro l'altro sono innumerevoli.
Casi Salvini «Open Arms e Gregoretti»
Negli ultimi anni di sicuro la prima grande battaglia si è giocata tra il 2018 ed il 2019, all'epoca del Governo Conte-Uno sulle decisioni presenti nel Decreto Sicurezza voluto dall'allora Ministro dell'Interno, Matteo Salvini, che hanno portato ad una sorta di blocco degli sbarchi. Gli episodi più emblematici solle legati alle inchieste sulla nave della Ong, Open Arms, a cui era stato impedito per diversi giorni l'approdo a Lampedusa su decisione dell'esecutivo. Furono i magistrati di Agrigento, dopo un'ispezione a bordo della nave, ad ordinare lo sbarco dei 147 migranti che si trovavano a bordo.
Da quel fatto la procura di Palermo ha fatto partire un'inchiesta che vede ancora oggi proprio Salvini accusato di «sequestro di persona». Il leader della Lega rischia fino a 6 anni di carcere.
Analoga situazione, che vede sempre Salvini sul banco degli imputati, è quella che riguarda la nave della Marina Militare «Gregoretti» dove nel 2019 rimasero 131 migranti a cui era vietato lo sbarco. L'allora MInistro dell'Interno venne indagato sempre per sequestro di persona ma il gup di Catania lo ha scagionato pochi mesi dopo senza arrivare a processo «perché il fatto non sussiste».
Caso Albania
Il giorno dopo l'approdo dei primi migranti nel centro di identificazione creato in Albania dopo l'accordo tra il governo Meloni ed il Presidente Rama il Tribunale di Roma accoglieva il ricorso di uno di questi clandestini stabilendo che la lista dei cosiddetti «Paesi Sicuri» su cui l'esecutivo aveva basato l'accordo e le successive azioni non era valido dato che contrastava alcune sentenze della Corte Europea. I giudici della capitale di fatto si opponevano al concetto di Paese Sicuro spiegando che alla fine ogni caso singolo andava analizzato in maniera autonoma e differenziata
Caso Bologna-Paesi sicuri
Il 29 ottobre il Tribunale di Bologna ha di fatto impugnato il decreto legge del governo con la lista dei Paesi Sicuri dove poter rimpatriare dei migranti e richiedenti asilo chiedendo l'opinione della Corte di Giustizia europea. Nella loro richiesta i giudici bolognesi scrivono: «Il sistema della protezione internazionale è, per sua natura, sistema giuridico di garanzia per le minoranze esposte a rischi provenienti da agenti persecutori, statuali o meno. Salvo casi eccezionali (lo sono stati, forse, i casi limite della Romania durante il regime di Ceausescu o della Cambogia di Pol Pot), la persecuzione è sempre esercitata da una maggioranza contro alcune minoranze, a volte molto ridotte. Si potrebbe dire, paradossalmente, che la Germania sotto il regime nazista era un Paese estremamente sicuro per la stragrande maggioranza della popolazione tedesca: fatti salvi gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori politici, le persone di etnia rom ed altri gruppi minoritari, oltre 60 milioni di tedeschi vantavano una condizione di sicurezza invidiabile. Lo stesso può dirsi dell'Italia sotto il regime fascista».
L'11 novembre il tribunale di Roma ha accolto il ricorso di altri 7 migranti portati nel centro per i rimpatri in Albania disponendo il loro ritorno in Italia e rimandato la decisione finale alla Corte di Giustizia Europea.
Altri casi
Ci sono poi delle singole sentenze che hanno creato delle difficoltà. Come quello del tunisino con permesso di soggiorno scaduto e per cui era stato emesso un decreto di espulsione. Decisione sospesa dal Tribunale di Roma che accoglieva la richiesta del nordafricano per una questione sanitaria. L'uomo infatti era in cura presso l'Asl di Roma per il diabete. Questo per i giudici rendeva nullo il decreto di espulsione.
A Lecce invece nel 2016 un clandestino senegalese, anche lui con decreto di espulsione, veniva difeso dai giudici del Tribunale con la seguente motivazione: «vanno apprezzati gli sforzi di inserimento nella nostra società del soggetto che partecipava due volta la settimana a dei corsi di formazione».
In ultimo a Catania un giudice del Tribunale ha sospeso il trasferimento di un clandestino egiziano nel suo paese perché "l'Egitto non è un paese sicuro".