Neanche Schlein vuole Bonaccini commissario alluvione. Il segreto del Pd

L’OPA americana sul Pd e il cambio dei dirigenti italiani. Passa da qui anche la testa di Bonaccini. Le voci che spiegano l’ascesa della leader italo svizzera

di Antonio Amorosi
Elly Schlein e Stefano Bonaccini
Politica

Segreti e trame. Bonaccini commissario all’alluvione dovrebbe fare il terzo mandato in Emilia Romagna e non va bene. Schlein vuol cambiare tutto

Difficile a credersi ma dal Palazzo arrivano voci confermate sia dal Pd che dai vertici della destra: l’ostacolo maggiore alla nomina di Stefano Bonaccini a commissario all’alluvione in Emilia Romagna si chiama Elly Schlein, il neo segretario nazionale. Non per una malcelata malizia della giovane leader italo-svizzera o per inimicizia (che non c’è) ma per un calcolo ordinario e di strategia. In caso di nomina di Bonaccini commissario, concordata tra governo e Regione, previo plauso del presidente Sergio Mattarella, obtorto collo si riproporrebbe la sua candidatura alla guida dell’Emilia Romagna per il terzo mandato.

Ed Elly non ha nessuna intenzione di rinnovare il vecchio apparato del Pd, tanto meno in posizioni amministrative di vertice, dove si muovono attualmente le ultime economie di potere del partito. E poi come potrebbe, accettando Bonaccini al terzo mandato, contrastare la medesima ricandidatura in Campania del capataz e “nemico” politico Vincenzo De Luca? Agli addetti ai lavori il niet di Schlein appare scontato e per un fine più alto. 

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Ricapitoliamo. Dopo il disastro che ha mandato sottacqua la Romagna, giovedì scorso Bonaccini e compagni si sono presentati al tavolo di Palazzo Chigi con la somma provvisoria dei danni post alluvione: “8,8 miliardi di euro”, richiesti al governo. Ma senza l’elenco puntuale di tutti gli interventi. Bonaccini promette di inviarlo subito ma a distanza di 7 giorni non se ne vede traccia. Bonaccini vuol essere nominato commissario, il governo fa intendere chiaramente che chi ha creato il problema, con le mancate opere di contenimento, difficilmente può far parte della soluzione.

La nomina del commissario va concordata tra Regione e governo e soprattutto deve passare dal presidente Mattarella che non vede altri che Bonaccini come candidato. Fra un anno si vota per la Regione più rossa d’Italia. L’effetto Bonaccini commissario proporrebbe alla popolazione disastrata un Pd dal volto vincente con 8,8 miliardi di euro in mano, da ridistribuire per la ricostruzione e la resistenza di un caposaldo all’avanzata delle destre. Ma c’è un problema: la visione agli antipodi di cosa debba essere il Pd, tra Schlein e il vecchio apparato cresciuto a pane e PCI, per capirci parliamo di gente come Bonaccini, De Luca e compagni.

Nella sostanza, secondo i ben informati, vi sarebbe da anni una sorta di OPA (offerta pubblica di acquisto) americana sul Pd italiano e la Schlein lavorerebbe, consapevolmente o meno, in quest’alveo di nuovi leader che poco comprendono il borgataro di Tor Bella Monaca o il coltivatore diretto di Battipaglia.

Fra i primi a parlare delle presenze americane in Italia fu circa tre anni fa il quotidiano Il Foglio, visto l’appoggio e il finanziamento dell’agenzia USA Social Changes, vicina a Barack Obama, a diversi candidati del Pd in posizioni strategiche. Seguirono elenchi di candidati che avevano ricevuto appoggio.

Nella cultura popolare della sinistra italiana devono passare i concetti dei Democratici americani. Tutta la cultura a trazione USA che punta sulla centralità dei diritti civili, delle coppie omosessuali, le questione di genere, la green economy, l’inclusività delle minoranze, mal si conciliano con la cultura massimalista e le radici del vecchio Pd, frutto della fusione a freddo tra ex comunisti dei Ds ed ex democristiani della Margherita. La liaison di concetti chiave tra le parole d’ordine dei Dem USA e il Pd della Schlein sono impressionanti e non vale la pena ripeterli.

L’avanzata della leader italo-svizzera, sostengono anche dirigenti del vecchio Nazzareno, sarebbe il frutto della campagna di marketing di Social Changes, che ne avrebbe pompata l’immagine sui media. In questo senso appare già più comprensibile il suo tentativo attuale di tagliare i rami secchi e quindi anche il niet a Bonaccini commissario all’alluvione (tra le altre cose anche quest’ultimo sarebbe stato sostenuto da Social Changes perché considerato facilmente vincente al vertice di una regione strategica).

Così Arun Chaudhary che dirige Social Changes ha descritto quanto accade in occidente: “L'incredibile ritorno dell'estrema destra ci impone di cambiare il modo con cui facciamo campagna elettorale, e in fretta. Frustrati da come la politica rimane distante sulle due sponde dell'Atlantico, abbiamo deciso di sfidare lo status quo intervenendo nei cambiamenti sociali. Siamo specializzati nel riunire attivisti di diversi ambiti e parti del mondo. Il nostro obiettivo è creare una sinistra transnazionale che possa portare un avanzamento dei diritti attraverso un sistema più strutturato, più organizzato e con campagne digitali più sofisticate”.

Ora si tratta di capire se l’innesto di questo fusto si concili con le radici della sinistra italiana e non la renda invece totalmente marginale nel panorama politico italiano. Perché come ha detto qualcuno un albero senza radici è solo un pezzo di legno.

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