Netanyahu e il mandato di arresto della CPI. Meloni e il Cdx con Israele (ma con diverse sfumature), il Pd si spacca, contro Tel Aviv M5S e AVS. La mappa delle posizioni in Italia

'Bibi' invitato da Orbàn. La premier: "No a equiparazioni con Hamas"

Di Alberto Maggi
Politica

Il governo italiano così come la destra mondiale trumpiana non condivide la decisione della CPI contro Netanyahu. Crosetto caso a parte in FdI


Imbarazzo istituzionale, ma nulla di più, ha suscitato a Palazzo Chigi la decisione della Camera preliminare I della Corte penale internazionale di emettere mandati di arresto per il premier israeliano Benyamin Netanyahu e l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant nell’ambito della guerra a Gaza “per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi almeno dall’8 ottobre 2023 fino ad almeno il 20 maggio 2024, giorno in cui la Procura ha depositato le domande di mandato di arresto”, riferisce una nota parlando di “un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Gaza”. Il primo ministro di Tel Aviv, che ha già annunciato ricorso, ha parlato espressamente di "odio antisemita".

A livello internazionale la decisione della CPI non impatta sugli Stati Uniti, che non la riconoscono. Anzi, la prossima amministrazione Trump starebbe valutando l’introduzione di sanzioni contro la Corte per la sua decisione sul primo ministro israeliano e l’ex ministro della Difesa. Secondo fonti di Washington il provvedimento riguarderebbe in particolare il procuratore capo della CPI, Karim Khan, e i giudici che hanno emesso i mandati su quanto successo a Gaza. Mike Waltz, scelto dal presidente eletto Donald Trump come Consigliere per la Sicurezza Nazionale, ha twittato: "A gennaio ci si può aspettare una forte risposta al pregiudizio antisemita della CPI e dell’Onu".

E anche a livello europee non c'è assolutamente una risposta unitaria. "Non abbiamo altra scelta che sfidare questa decisione". È drastico Viktor Orban, il premier dell’Ungheria che a luglio ha assunto la presidenza di turno del Consiglio dell’Unione Europea, nel commentare la decisione sui mandati d’arresto emessi dalla Corte penale internazionale nei confronti di Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant. "Inviterò il premier israeliano a venire in Ungheria, dove posso garantirgli che la decisione della CPI non avrà alcun effetto". D'altronde pochi giorni fa il Cancelliere dimissionario tedesco Olaf Scholz, e ricandidato per l'Spd alle elezioni per il Bundestag del 23 febbraio 2025, ha telefonato al presidente russo Vladimir Putin, sul quale da tempo pesa un mandato di arresto della CPI. Punti è anche stato in Mongolia e ovviamente non ha corso alcun rischio.

Tornando a Roma, Affaritaliani.it ha cercato di capire le posizioni dei vari partiti sulla decisione della CPI. Guido Crosetto, ministro della Difesa, ha dichiarato che se Netanyahu venisse in Italia saremmo costretti ad arrestarlo, anche se ha affermato di non condividere il mandato di arresto. Ma ovviamente il primo ministro israeliano non farà viaggi se non a Budapest e, forse, in Slovacchia, altro Paese che difficilmente lo arresterebbe. Ma - spiegano fonti qualificate - Crosetto è di estrazione liberale e non è parte integrante della storia della destra italiana. Giorgia Meloni, laddove ce ne fosse la necessità, sentirà sicuramente al telefono Netanyahu (sempre che non l'abbia già fatto) probabilmente senza nemmeno comunicarlo. Il governo nel suo complesso, pur riconoscendo il principio di due popoli due stati e pur chiedendo un cessate il fuoco da tempo, condannando gli attacchi israeliani ai soldati Unifil nel Sud del Libano (come quello di oggi che ha ferito quattro militari italiani), si considera comunque "amico" di Israele.

Nel pomeriggio di venerdì è arrivata nota di Palazzo Chigi, che conferma la distanza con la decisione della CPI e la cauta vicinanza di Meloni a Netanyahu. "Approfondirò in questi giorni le motivazioni che hanno portato alla sentenza della Corte Penale Internazionale. Motivazioni che dovrebbero essere sempre oggettive e non di natura politica. La Presidenza italiana del G7 intende porre il tema all’ordine del giorno della prossima Ministeriale Esteri che si terrà a Fiuggi dal 25 al 26 novembre. Un punto resta fermo per questo governo: non ci può essere una equivalenza tra le responsabilità dello Stato di Israele e l'organizzazione terroristica Hamas", ha scritto Meloni.

La presidente del Consiglio d'altronde ha sempre ricordato che tutto è cominciato per colpa di Hamas con i drammatici attacchi ai civili israeliani del 7 ottobre e Matteo Salvini ha numerose volte espresso piena solidarietà allo stato di Israele e al suo popolo e proprio oggi ha affermato senza se e senza ma "Netanyahu venga pure in Italia. I terroristi sono altri, quelli islamici". Anche Forza Italia, come lo era Silvio Berlusconi, ha una posizione di vicinanza con Tel Aviv, e infatti il titolare degli Esteri è stato più cauto del suo collega della Difesa. In definitiva, Crosetto a parte, il governo - con sfumature differenti - va avanti nel sostegno a Israele nella lotta contro i terroristi, pur ribadendo la necessità di aiutare la popolazione di Gaza cercando un cessato il fuoco ma senza mai pronunciare la parola "genocidio".

Sul fronte delle opposizioni, come sempre, in politica estera le divisioni sono nette. Al fianco della causa palestinese e contro Netanyahu parlando di genocidio ci sono certamente il M5S e Alleanza Verdi Sinistra, ma anche una parte, quella di sinistra, del Partito Democratico. Elly Schlein contesta la politica e le scelte militari del primo ministro israeliano ma deve tenere unito il partito e non può certo rischiare di essere accusata di anti-semitismo. Quindi cautela, richiesta di fermare le stragi a Gaza ma ricordando sempre gli ostaggi e le vittime del 7 ottobre. Anche perché alcuni Dem come Lorenzo Guerini, presidente del Copasir con ottimi legami con gli Usa, hanno ottimi rapporti con Tel Aviv. I centristi di Matteo Renzi e Carlo Calenda, infine, prendono atto della decisione della CPI, ma pragmaticamente ricordano che, come detto, Scholz ha telefonato a Putin pochi giorni fa e quindi i leader mondiali, se vogliono, trovano il modo per proseguire nei rapporti diplomatici. E Meloni lo farà sicuramente, anche se Netanyahu certo non verrà nell'Unione europea, se non a Budapest e, forse, a Bratislava. Resta il fatto che è evidente che il governo italiano così come la destra mondiale trumpiana non condivide la decisione della CPI contro Netanyahu.

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