Obbligo vaccinale, Draghi esita perché teme di giocarsi il Quirinale

Se Draghi non viene eletto alla prima votazione la sua carriera politica è finita

Di Alberto Maggi
Politica
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Draghi non può perdere i voti leghisti per il Quirinale


Legate a doppio filo. L'ipotesi di introdurre l'obbligo vaccinale per legge per tutte le persone dai 18 anni in su e la partita dell'elezione del nuovo presidente della Repubblica, con le votazioni che inizieranno lunedì 24 gennaio alle ore 15, sono connesse tra loro. Nonostante i tre principali sindacati italiani e quasi tutte le forze politiche di maggioranza (tranne la Lega e una fetta dei 5 Stelle) chiedano una svolta con il vaccino obbligatorio, sostenuto anche dal coordinatore del Cts Franco Locatelli, probabilmente il premier Mario Draghi andrà avanti per step, decidendo nel Consiglio dei ministri di domani, 5 gennaio, il Super Green Pass per tutti i lavoratori e posticipando di una decina di giorni (in base all'andamento di contagi e ricoveri) la decisione di un decreto che introduca il vaccino obbligatorio.

Ma perché questa eccessiva esitazione del presidente del Consiglio? Molto semplice. SuperMario, come ha lasciato intendere nella conferenza stampa di fine 2021, sarebbe ben disposto a trasferirsi al Quirinale ma per farlo, vista la sua ampia maggioranza, deve necessariamente essere eletto al primo scrutinio, quando serve la magioranza qualificata dei grandi elettori. E, considerando che a causa del rischio (elevato) di elezioni anticipate in primavera (quasi impossibile trovare un altro premier che tenga unita questa maggioranza eterogenea e sempre divisa), si stimano circa 200 franchi tiratori, Draghi non può assolutamente permettersi di perdere il sostegno di Matteo Salvini e della Lega.

Il leader del Carroccio è contrario all'obbligo vaccinale e un'accelerazione del premier alla vigilia della partita del Quirinale potrebbe far scattare una sorta di rivolta dei leghisti, pronti in massa a non votare per Draghi. E SuperMario, considerando le probabile defezioni, ha bisogno dei circa 200 voti del Carroccio. Anche perché una clamorosa bocciatura di Draghi, che ha una delle maggioranze più ampie della storia della Repubblica e ha il sostegno dell'Europa, dei mercati e della maggior parte dei media italiani e internazionali, sarebbe un colpo durissimo e irrimediabile.

Non solo porterebbe alle dimissioni da premier, ma quasi certamente pregiudicherebbe tutte le altre ipotesi, come quella di presidente della Commissione europea o della Banca Mondiale. In sostanza, se Draghi si candida per il Quirinale e viene silurato alla prima votazione la sua carriera politica è finita. Ecco perché esita sul vaccino obbligatorio (esattamente come non c'è chiarezza sulle regole per il ritorno a scuola dopo le vacanze di Natale), non può perdere i voti leghisti.