Patto di Stabilità, Mes, Parigi-Berlino... Ecco il piano europeo di Meloni

Intervista a tutto campo a Carlo Fidanza, Capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo

Di Alberto Maggi
Carlo Fidanza e Giorgia Meloni
Politica

Fidanza: "Replicare in Europa un’alleanza simile al centrodestra italiano sia indispensabile per salvare il progetto europeo"


Oggi è la Festa dell’Europa, che si celebra ogni 9 maggio in ricordo della dichiarazione Schuman che diede inizio al processo di integrazione. Ma l’Unione Europea di oggi è davvero da festeggiare? Affaritaliani.it lo ha chiesto a Carlo Fidanza, Capodelegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento europeo e da anni riferimento meloniano in campo europeo e internazionale.

"Do un giudizio in chiaroscuro dell’Ue in questa fase. Dopo la pandemia e la guerra in Ucraina su alcuni temi sta prevalendo il pragmatismo e, ad esempio, finalmente ci si pone il problema di accorciare le nostre catene di approvvigionamento, con l’obiettivo di rendere l’Europa meno dipendente da Paesi terzi, spesso non affidabili sul piano geopolitico. Ammesso e concesso che non sia troppo tardi, non si ha però il coraggio di essere conseguenti e dire ad esempio che auto-condannarci a una transizione verde basata sul “tutto elettrico” non farà altro che arricchire la Cina, da cui dovremo comprare gran parte di quello che ci serve. Con buona pace dell’autonomia strategica europea tanto decantata. È uno dei motivi per cui ci opponiamo a questa deriva ultra-ambientalista che porta a provvedimenti assurdi come quelli sulle case green, sullo stop ai motori diesel e benzina al 2035, sugli imballaggi, sulla qualità dell’aria, sui fitofarmaci". 

Si fa un gran parlare di solidarietà europea eppure la riforma del Patto di stabilità sembra andare ancora una volta verso l’austerità…

"Nella proposta della Commissione ci sono alcuni passi avanti verso una maggiore flessibilità. Di contro è del tutto evidente che la proposta sul tavolo non è soddisfacente perché ancora una volta si predilige la stabilità alla crescita, arrivando al paradosso che gli investimenti richiesti agli Stati membri per la transizione ecologica e digitale nonché quelli per la difesa vengono ancora computati nei parametri del debito pubblico. Ci si chiede di sostenere gli investimenti su queste voci ma, se poi lo facciamo, veniamo bastonati da una maggiore pressione sul nostro debito sovrano. Se a questo aggiungiamo i continui rialzi dei tassi di interesse da parte della Bce sembra davvero che la crisi finanziaria non abbia insegnato nulla". 

A proposito, sul MES cosa farà il governo Meloni?

"Intanto il governo ha già detto che in ogni caso non ne farà uso. Ma, mostrando un’ambizione e una lungimiranza rare per la politica italiana, Meloni ha posto correttamente il tema della finalità del MES perché questo strumento, così com’è, rischia di rivelarsi inutile a fronteggiare una eventuale tempesta sul debito. Deve essere trasformato in uno strumento a sostegno della crescita e degli investimenti virtuosi, a maggior ragione in questa fase in cui gli USA e la Cina stanno fortemente sussidiando le loro imprese e noi non sappiamo come fare. Chi spinge l’Italia verso il “prendere o lasciare” dovrebbe comprendere che ora c’è a Roma un governo politico, eletto dal popolo sulla base di un programma, che intende far valere tutte le ragioni del nostro interesse nazionale".

La sensazione è che, con l’avvicinarsi delle elezioni europee, si stringa la morsa di Francia e Germania contro l’Italia. Lo vediamo sulle regole finanziarie da parte di Berlino e sui migranti da parte di Parigi. Sensazione sbagliata? 

"No, ci può essere la tentazione da parte di alcuni di moltiplicare le occasioni di differenziazione nei confronti dell’Italia per ragioni elettorali o di dibattito politico interno. Le parole del ministro francese Darmanin vanno in questa direzione e rappresentano un episodio grave al quale la Francia deve rimediare con pubbliche scuse. Non accettiamo lezioni da nessuno, soprattutto dalla Francia e soprattutto sui migranti, tema su cui Giorgia Meloni si sta facendo in quattro supplendo alla proverbiale assenza dell’Unione europea a partire dalle politiche di cooperazione in territorio africano. Le missioni e gli incontri in Libia, Algeria, Etiopia stanno a significare proprio questo: in attesa che l’Ue trasformi in fatti gli impegni scritti - oggettivamente significativi rispetto al passato - l’Italia lavora ad un proprio piano per ridurre le partenze, interloquendo a 360 gradi con tutti gli attori più importanti del nord Africa".

Chi non è assente dall’Africa è la Russia di Putin, che proprio oggi, mentre a Bruxelles si celebra la Festa dell’Europa, mostra i muscoli durante la commemorazione della vittoria sovietica nella seconda guerra mondiale. C’era proprio bisogno di una nuova iniziativa europea per l’acquisto congiunto di munizioni, addirittura prevedendo di usare i fondi del PNRR? 

"In Africa, e in particolare nella Libia di Haftar e nella fascia subsahariana, c’è una presenza forte del gruppo Wagner e non bisogna sottovalutare l’utilizzo dei flussi immigratori irregolari come arma di pressione geopolitica. In fondo è già avvenuto poco prima dello scoppio della guerra russo-ucraina al confine polacco su iniziativa del leader bielorusso Lukashenko. La scelta di continuare a sostenere l’Ucraina a questo punto non si può rimettere in discussione, vorrebbe dire accettare il principio secondo cui si possono amputare degli Stati sovrani di porzioni del loro territorio e che ogni contenzioso si possa risolvere con l’aggressione militare. Quanto al PNRR, il governo Meloni è impegnato nel definire una volta per tutte quali interventi sono realizzabili secondo le scadenze previste e quali no, quali progetti alternativi, utili e attuabili, potranno essere messi in campo e con quale copertura. Ad oggi mi pare difficile immaginare che tra questi ci sarà l’acquisto di munizioni per l’Ucraina. Ma questo sarà oggetto di prossime interlocuzioni tra i leader europei". 

La capogruppo socialista a Strasburgo ha detto che vede difficile una nuova coalizione con un Ppe che ha scelto Meloni anziché gli europeisti… questo matrimonio popolari-conservatori si farà? 

"È presto per dirlo, non dimentichiamo che sui giornali possiamo scrivere quello che vogliamo ma poi i cittadini votano. Certamente noi pensiamo che replicare in Europa un’alleanza simile al centrodestra italiano sia indispensabile per salvare il progetto europeo, soprattutto su alcuni temi chiave: regolamentare l’immigrazione, attuare una transizione verde che non distrugga il nostro tessuto produttivo, sostenere la famiglia e difenderla da ogni deriva relativista. Oggi Giorgia Meloni viene vista da molti come un modello su questi temi e, forti di questo messaggio, lavoreremo da qui al giugno 2024 per allargare il campo. Perché siamo convinti che alle prossime Europee ci potrà essere davvero una grande svolta. Quel giorno sarà la nuova festa dell’Europa".

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