Pensioni, nel 2025 incentivi per restare al lavoro. Minime a 600 euro, tagli alle rivalutazioni e...

Pensioni 2025: alcune conferma e non poche novità. Tutti i particolari in anteprima

Di Alberto Maggi
Inps Lapresse
Politica

Pensioni, grandi novità nel 2025. Resterà confermato il principio della flessibilità in uscita

Il governo è al lavoro per scrivere la Legge di Bilancio per il prossimo anno. Il punto chiave e più importante della manovra sarà la riduzione delle tasse con il taglio dell'Irpef fino a 60.000 euro di reddito annuo e una riduzione dell'aliquota dal 35 al 33%. Sul fronte delle pensioni, invece, non dovrebbero esserci terremoti o particolari cambiamenti, come ha anche spiegato il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ad Affaritaliani.it. Certamente dal primo gennaio 2025 ci sarà la riconferma di Quota 103 ovvero la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi e 62 anni di età anagrafica.

Sul tavolo c'è però il tema delle finestre di uscita dal lavoro che il prossimo anno potrebbero essere solamente due o al massimo tre, è chiaro che meno sono e più lo Stato risparmia. Resterà confermato il principio della flessibilità in uscita ovvero la possibilità di modulare la data di uscita dal lavoro a seconda delle esigenze personali, familiari e di salute, delle peculiarità della categoria di lavoratori a cui si appartiene e degli anni di contributi previdenziali accreditati.

La Legge di Bilancio 2024 ha confermato la misura dell'Ape Sociale che non dovrebbe subire alcun cambiamento anche per il nuovo anno confermando così la stretta sui requisiti di accesso, con l’età anagrafica minima che sale a 63 anni e 5 mesi. Il trattamento nel 2025 spetterà, fino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata, a tutti i soggetti in specifiche condizioni con almeno 63 anni e 5 mesi d’età e 30 di contributi e che non siano già titolari di pensioni dirette. Si tratta dei lavoratori che svolgono mansioni gravose, degli invalidi civili al 74 per cento, dei caregivers e dei dipendenti disoccupati che hanno esaurito il relativo trattamento.

Altra conferma in arrivo, salvo colpi di scena, è quella che riguarda Opzione Donna, che è un regime pensionistico introdotto dalla legge 243 del 2024 che consente alle lavoratrici di accedere alla pensione in via anticipata rispetto agli ordinari limiti di età123. Per accedere a questa misura, le donne dovranno aver maturato almeno 35 anni di contributi entro la fine del 2024 e avere un'età anagrafica di almeno 61 anni. L'accesso è limitato a specifiche categorie, come caregiver, invalide civili e dipendenti di aziende in crisi. Un novità importante allo studio del governo è quello degli incentivi a restare al lavoro anche dopo aver maturata i requisiti per andare in pensione. Un modo per alleggerire i conti dell'Inps e gravare meno sulle uscite per lo Stato.

Nella maggioranza l'ipotesi sulla quale si sta lavorando è quella che, una volta raggiunta l'età per accedere alla pensione, il lavoratore e l'azienda non versino più i contributi all'Inps ma quei soldi restino nelle tasche del lavoratore, che quindi avrà uno stipendio netto più elevato, e delle imprese che in questo modo potranno avere un risparmio da poter utilizzare per investimenti o nuove assunzioni.

Infine c'è il capitolo della rivalutazione degli assegni pensionistici rispetto all'inflazione. Su questo punto Forza Italia spinge molto per sostenere in modo particolare le minime che potrebbero - ma dipenderà dai conti dello Stato e dai calcoli del Mef - essere alzate tutti a un minimo di 600 euro al mese.

Risparmi per lo Stato da un'altra sforbiciata rispetto al 2024 sulla rivalutazione delle pensioni più alte. Sembra confermata la rivalutazione al 100% per chi percepisce una pensione fino a 4 volte il trattamento minimo Inps, ossia fino a 2.271,76‬ euro. Dall'85% all'80 per chi percepisce una pensione pari o inferiore a 5 volte il minimo, ossia da 2.271,77‬ euro e fino a 2.839,7 euro (567,94×5) al mese. 45% e non più 53% per chi percepisce una pensione pari o inferiore a 6 volte il minimo, ovvero tra 2.839,71 e 3.407,64‬‬‬ euro. Dal 47% al 40 per chi percepisce una pensione da 6 a 8 volte il minimo, ovvero tra i 3.407,65‬‬ euro e 4.543,52 euro.

Dal 37% al 30 per chi percepisce una pensione da 8 a 10 volte il minimo, ovvero tra 4.543,53 e 5.679,4 euro. Infine dal 22% al 15 per chi percepisce una pensione superiore a 10 volte il minimo, ovvero oltre a 5.679,41 euro. Con questa operazione il governo potrebbe risparmiare circa un miliardo di euro per finanziare l'aumento delle pensioni minime e ovviamente il taglio dell'Irpef. 


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