Pensioni, 41 anni di contributi. Come si andrà in pensione. Ultimissime
Riforma pensioni, novità in arrivo con il Def
Pensioni, riforma tra richieste dei sindacati e ipotesi del governo
Si avvicina la presentazione del Documento di Economia e Finanza (Def) e della riforma pensioni non se ne parla più. Tutto sembra ormai oscurato dai problemi internazionali della guerra in Ucraina.
L’obiettivo dei sindacati è quello di riportare le pensioni anticipate a 62 anni. Come avveniva con quota 100. Una soglia che non potrà essere garantita se non con qualche limatura all’assegno col ricalcolo contributivo magari. In tutto o in parte, come aveva proposto l’economista Raitano.
Ma anche, in alternativa, un limite di anni di lavoro a prescindere dall’età anagrafica. Con 41 anni di contributi (quota 41) si potrebbe accedere alla pensione, soglia già prevista per i lavoratori precoci ma che basterebbe allargare a tutti.
Sicché – dice il segretario UIL Domenico Proietti – già nel prossimo Def è necessario inserire gli interventi necessari a introdurre flessibilità di accesso alla pensione con il doppio canale.
E’ necessario istituire un meccanismo che dia pensioni adeguate e dignitose ai lavoratori del sistema contributivo. Oltre al varo di misure che valorizzino pienamente il lavoro di cura e la maternità “.
Uno degli obiettivi comuni di governo e sindacati - si legge su www.investireoggi.it - è anche quello di fornire maggiori garanzie ai giovani lavoratori. Costoro, si sa, non avranno le tutele del vecchio sistema pensionistico caratterizzato da pensioni minime e calcolo retributivo della pensione.
Il sistema di liquidazione degli assegno col contributivo puro prevede un tasso di sostituzione del 50-55% e per chi non avrà alle spalle una carriera piena continua la pensione sarà a livelli da fame.
L’idea, in questo senso, come chiedono i sindacati, è quella di potenziare la pensione integrativa potenziando l’accesso ai fondi tramite agevolazioni fiscali. Una riforma è già allo studio e dovrebbe vedere la luce entro fine anno.
Anche perché l’Italia resta indietro rispetto ad altri Paesi per quanto riguarda le pensioni complementari. E l’unica via su cui fare leva per incrementare le pensioni integrative è proprio quella di fare leva sulla defiscalizzazione delle quote destinate ai fondi.
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