Recovery, nel caso migliore Pil al 3.6% nel 2026: tante incognite sul piano Ue

Sarà il regno del bengodi oppure presto verremo massacrati di tasse? Ci sarà un rinascimento italiano o una crisi ulteriore sul lungo periodo? Cosa sapere...

di Antonio Amorosi
Politica
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Cosa succederà all’Italia con il PNRR, Piano nazionale di Ripresa e resilienza? Presto detto: nel Piano presentato dal governo italiano all'Unione Europea vi è una valutazione sull'impatto macroeconomico che avranno le risorse acquisite.

  • Va fatta chiarezza però: i soldi di finanziamento del PNRR o Recovery Plan e anche React-EU, 191,5 miliardi di euro, sono debito che fa l’Unione Europea sui mercati finanziari. Questi soldi vengono dati agli Stati membri della EU in due modi: con prestiti e sovvenzioni. Per l'Italia i prestiti ammontano a 122,6 miliardi di euro su 191,5 totali del Piano. Quindi è denaro che andrà restituito. Mentre 68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto. I prestiti sono un debito che gli Stati avranno nei confronti dell’Unione Europea e verranno ripagati dal 2028-2058. 

Il denaro prestato dovrà fruttare perché lo Stato italiano si vedrà richiedere la somma ricevuta. Lo Stato Italiano potrà recuperare queste cifre in 3 modi: riducendo le spese e quindi tagliando i servizi alla collettività; aumentando le entrate e quindi incrementando la tassazione; emettendo ulteriore debito pubblico.

Questa 3 azioni cambiano il loro impatto sulla popolazione a seconda di cosa produce il PNRR sull’economia.

Il Piano prevede per gli anni a venire 3 tipi di impatto possibile.

Lo scenario a basso impatto parla di una crescita del Pil dello 0,9% nel 2022, dell'1,4% nel 2023, dell'1,5% nel 2024, dell'1,7% nel 2025 e dell'1,8% nel 2026. È lo scenario peggiore che non darebbe respiro all’Italia, peggiorando sul lungo periodo la situazione attuale e mettendo a lungo andare ancora in ginocchio l’economia nazionale.  

Poi vi è uno scenario medio che prevede una crescita dell'1,1% nel 2022, dell'1,6% nel 2023, del 2% nel 2024, il 2,4% nel 2025 e del 2,7% nel 2026.

Infine lo scenario migliore con una crescita dell'1,2% nel 2022, dell'1,9% nel 2023, del 2,4% nel 2024, del 3,1% nel 2025 e del 3,6% nel 2026. È l’opzione più promettente che consentirebbe una crescita economica del Paese per gli anni a venire. Facile capire che la capacità di restituzione del prestito all'Unione Europea è proporzionale alla capacità di espansione economica del Paese, con effetti più o meno rilevanti sulla vita dei cittadini.

Per l’attuazione del Piano molto importante sarà il ruolo che andrà a giocare proprio il presidente del Consiglio dei Ministri Mario Draghi che in qualche modo, si è capito, è la garanzia vera e propria per la EU affinché il Piano non diventi improduttivo e si perda in rivoli incapaci di rigenerare l'economia italiana.

L'aspetto più complesso sarà quello di cercare di farlo funzionare soprattutto al Sud e in parte anche al Centro Italia, le arie più complesse e in difficoltà nel Paese, grazie però alle quali l'Italia prende tutti questi fondi. 

Anche qui è facile comprendere che la burocrazia e le dinamiche farraginose della Pubblica amministrazione diventeranno i nemici numero uno.

Il controllo dell’attuazione del Piano è di fatto centralizzato nelle azioni di monitoraggio e gestione dello Stato centrale. E’ stato istituito, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, un’apposita struttura, che costituisce il punto di contatto con la Commissione europea per il PNRR. Poi vi è la Cabina di Regia per il PNRR, con il compito di garantire il monitoraggio dell’avanzamento del presente Piano, il rafforzamento della cooperazione con il partenariato economico, sociale e territoriale, e di proporre l’attivazione di poteri sostitutivi e le modifiche normative necessarie per l’implementazione delle misure del PNRR. La Cabina di Regia è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha il compito di verificare l’avanzamento del Piano e i progressi compiuti nella sua attuazione. Intervengono anche le Amministrazione locali che sono responsabili dell’attuazione degli interventi specifici sui loro territori. “Esse sono inoltre responsabili dell’avvio delle procedure di recupero e restituzione delle risorse indebitamente utilizzate, ovvero oggetto di frode o doppio finanziamento pubblico”.

Per assicurare l’efficace attuazione del PNRR, le Amministrazioni centrali, le Regioni e gli enti locali possono beneficiare di azioni di rafforzamento della capacità amministrativa attraverso “assunzione di personale esperto” a “tempo determinato”, “specificamente destinato alle strutture preposte all’attuazione delle iniziative del PNRR, dalla progettazione alla concreta realizzazione” e “il sostegno da parte di esperti esterni appositamente selezionati”. La selezione del personale a tempo determinato avviene con procedura semplificata.

Va considerato che la spesa per investimenti in costruzioni rappresenta “il 32,6% della spesa complessiva, seguita dai trasferimenti alle imprese (18,7%) e dalla spesa per prodotti informatici ed ottici (12,4%)”. Quote rilevanti sono detenute anche dalla R&S, ricerca e sviluppo, (6,2%) e dalla “realizzazione di piattaforme informatiche e database (3,8%), direttamente correlati all’innovazione digitale”. Se grande importanza avranno i prodotti della silvicoltura che includono la spesa per la forestazione, le opere di sviluppo dell’economia circolare, gli interventi sul dissesto idrogeologico e sulla gestione delle risorse idriche, quelli relativi alla costruzione di impianti relativi alla transizione ecologica, gli investimenti in ICT e in apparecchiature elettroniche, la digitalizzazione e l’ informatizzazione, sono saranno sempre le costruzioni (che includono anche le opere di valorizzazione e restauro dei siti culturali e archeologici) il motore trainante del Paese per crescere ed avere un economia in espansione.

Un limite e un’incognita che solleva dubbi sulla capacità di rigenerarsi del Paese.