Quirinale, Draghi verso il sì. Ma teme i franchi tiratori. Rumor-bomba

Quirinale, Draghi se scende in campo deve passare al primo scrutinio (due terzi)

Di Alberto Maggi
Politica
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Quirinale, il premier teme ripercussioni di un'eventuale e clamorosa bocciatura a scrutinio segreto

 

Indiscrezione 'bomba' direttamente dal cuore dei Palazzi romani. Finora il premier Mario Draghi non ha mai fatto capire se sia intenzionato o meno a trasferirsi da Palazzo Chigi al Quirinale, non una parola ufficiale, niente di niente. Eppure mancano meno di due mesi al 18 gennaio, giorno in cui in Parlamento inizieranno le votazioni dei grandi elettori (deputati, senatori e delegati regionali) per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. L'intenzione o meno di Draghi di diventare Capo dello Stato è fondamentale per capire che cosa faranno i partiti e anche per comprendere quale sarà il destino della legislatura.

Secondo quanto Affaritaliani.it ha appreso da fonti politiche ai massimi livelli, il capo del governo sarebbe favorevole alla sua elezione a presidente della Repubblica all'inizio del prossimo anno, ma teme fortemente i franchi tiratori che potrebbe uscire inaspettatamente nel segreto dell'urna. E' ovvio che se Draghi scende in campo per il Quirinale, vista la sua enorme maggioranza, è scontato e naturale che debba passare già alla prima votazione, quando viene richiesta la maggioranza qualificate (due terzi) dei grandi elettori.

Ed è altrettanto evidente che una clamorosa bocciatura dell'Aula sarebbe un durissimo colpo di immagine che potrebbe precludere a SuperMario nuovi incarichi, come la presidenza della Commissione europea o della Banca Mondiale. Il timore del premier e del suo entourage è quello che un folto gruppo trasversale di parlamentari, per paura delle elezioni anticipate e della perdita di un anno di stipendio da 15mila euro al mese, decida di boicottare Draghi nonostante l'indicazione dei leader dei vari partiti della maggioranza (che sarebbero ovviamente per il sì). Solo la Lega, assicurano fonti del Carroccio, sarebbe granitica sul nome del premier.

Ma tanto nei 5 Stelle quanto in Forza Italia, nel Pd e nei renziani di Italia Viva, senza contare poi i tanti ex grillini e l'affollato Gruppo Misto, potrebbero essere in molti a non scrivere 'Mario Draghi' sulla scheda prima di infilarla nell'urna sotto la presidenza di Montecitorio. D'altronde Draghi sa perfettamente ciò che accadde la volta scorsa a Romano Prodi con i 101 franchi tiratori che impallinarono l'ex premier e fondatore dell'Ulivo. Ecco perché il premier non esce allo scoperto, prima vuole capire se questi timori sono davvero fondati.