Referendum sulla giustizia: le ragioni del sì e del no a confronto

Le opinioni di Paolo Becchi (sì) e Franco Mirabelli (no)

referendum del 12 giugno
Politica
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Referendum sulla giustizia 12 giugno 2022

 

Referendum: perché andare a votare (sì)

Di Paolo Becchi

Uno degli argomenti più frequenti in questi giorni, volti ad evitare il raggiungimento del quorum nel referendum sulla giustizia, è che si tratta di questioni “specialistiche”, che avrebbero meritato di essere affrontate e risolte in Parlamento e non con un referendum. Insomma, sono “cose” da democrazia rappresentativa e non da democrazia diretta.

Questo ragionamento - anche se molto diffuso - non è convincente. Da un punto di vista formale questi referendum sono stati ammessi dalla Corte costituzionale e dunque il popolo ha tutto il diritto di esprimersi su di essi. Da un punto di vista distanziale si può dire che se il Parlamento non è riuscito in trenta anni ad affrontare il problema pare del tutto giustificato che ci provi il popolo. Dove non riesce la democrazia rappresentativa è giusto che ci provi quella diretta, nel modo in cui la costituzione lo consente e cioè in questo caso con un referendum abrogativo.

Un esito positivo del referendum darebbe, del resto, un forte impulso al Parlamento ad agire - si spera - nella direzione indicata dal popolo italiano. Insomma, questa è una occasione da non perdere se si vogliono cambiare le cose. Chi non andrà a votare dovrebbe riconoscere che è d’accordo con l’esistente. E dopo quello che è venuto a galla col caso Palamara, pare molto difficile essere d’accordo con l’esistente.

Al di là dei diversi quesiti referendari la posta in gioco in questo referendum è molto alta. Una ultima occasione per ridurre il potere delle procure, l’arbitrio dei Pm e oppure alla dicastocrazia la democrazia. Se non ora quando.

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Sui 5 referendum, perché 5 no


Di Franco Mirabelli, vicecapogruppo del Pd al Senato

Il referendum sullemisure cautelari (carcerazione preventiva o utilizzo del braccialetto elettronico o arresti domiciliari o divieto di avvicinamento alle vittime) toglie la possibilità di utilizzarle per il rischio di reiterazione del reato. Questo quesito mette a repentaglio una norma che serve a tutelare le vittime e la sicurezza pubblica.

Si tratta di reati come stalking, truffe agli anziani, spaccio, anche quando gli accusati vengono colti in flagranza di reato.Ui altro quesito riguarda l’abrogazione della legge Severino che prevede che commette reati contro il patrimonio, reati gravi o reati mafia decade se ricopre incarichi istituzionali e non può ricandidarsi. La Legge Severino ha un limite: solo per gli amministratori locali è prevista la sospensione dagli incarichi già dopo la condanna in primo grado.

Questo è sbagliato e abbiamo depositato in Senato da un anno una proposta di legge per cambiare questo meccanismo.Il quesito referendario, però, abolisce tutta la Legge Severino. Cioè diventerebbe candidabile a ricoprire incarichi pubblici e istituzionali anche chi si è macchiato di reati gravi. 

Gli altri tre quesiti sono tecnici richiamano parzialmente i temi della separazione delle funzioni, della riforma elettorale e del funzionamento del Csm. Sono temi che sta già affrontando il Parlamento con la riforma dell’ordinamento giudiziario già approvata alla Camera dei Deputati da una larghissima maggioranza.

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