Renzi contro Putin per Navalny ma non parla del suo amico bin Salman

Il PUM (Pensiero Unico Mondiale) non tocca bin Salman perché non conviene, la “narrazione siberiana” e quella “del deserto” figlie della stessa logica ipocrita

Di Giuseppe Vatinno
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Renzi si scaglia contro Putin ma non parla dell'amico Salman che ha fatto a pezzi un giornalista del Washington Post

L’altro ieri ho provato a fare il controcanto al mainstream non per spirito di contraddizione ma per non cadere nella rete del Pensiero Unico Mondiale (PUM). 

Il PUM è ovunque e guai a mettersi contro di esso. Ma poiché la Rete, come noto, ha una memoria di elefante e i fatti sono spesso ostinati è bene dare un'informazione completa e poi chiunque potrà trarne le conseguenze che più gli aggradano.

Dicevamo che il PUM è scatenato attualmente su Alexei Navalny in un procedimento di santificazione (avvenuto anche per Gino Cecchettin) che indubbiamente ha il suo valore non tanto ideale ma sicuramente pragmatico per tirare acqua a certi mulini che macinano cattiva acqua. Navalny è stato indubbiamente un oppositore di Putin ma il suo passato non è edificante anche se il PUM tende a ignorare i dati contradditori che ostacolino il fine che ci si è prefissi a priori.

Navalny è stato in origine un nazionalista sessista, alcuni lo definiscono anche “fascista” e “nazista”, che chiamava la sua collega azera “culo nero” e i militanti del Caucaso “scarafaggi”, tanto per citare alcune perle. Ma si sa che col tempo si cambia e ci si può adattare all’ambiente. Ma veniamo al punto. Ieri Matteo Renzi ha dichiarato che “responsabile della scomparsa di Navalny è il Cremlino senza sé e senza ma”.

Può essere, è probabile ma prove provate non ce ne sono ancora, tanto che Andrea Crippa, vicesegretario della Lega, ha avuto il coraggio di esprimere cautamente qualche dubbio provocando le ire del PUM nazionale e forse internazionale. Ce ne sono invece (di prove) che un amico del senatore toscano e cioè l’emiro Mohammad bin Salman ha fatto tagliare a pezzi un giornalista del Washington Post che rappresentava una voce critica nei suoi confronti.

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Renzi ha infatti amicizie pericolose. Come quella con Bin Salman figlio del re dell’Arabia Saudita e principe ereditario, implicato nel barbaro assassinio del giornalista Jamal Ahmad Khashoggi del Washington Post. Una vicenda incredibile e paradossale che vide Khashoggi recarsi al consolato arabo a Istanbul, in Turchia, per un documento matrimoniale e al cui interno fu fatto a pezzi ancora vivo, mentre la fidanzata turca aspettava inutilmente il suo ritorno. I sospetti sul principe sono notevoli ma questo non ha impedito all’ex premier di definirsi “suo amico” e di fare conferenze ben remunerate in quelle terre lontane e assolate.

Renzi è una persona intelligente ed uno dei pochi politici italiani della vecchia scuola, capace di vendere frigoriferi al Polo Nord e non teme confronti con nessuno, neppure con un venditore di Folletti. Però ieri l’ha fatta grossa perché –come dice un proverbio inglese- chi ha una casa di vetro non dovrebbe lanciare sassi.

Perché infatti Renzi accusa Putin ma non il suo amico bin Salman? Due pesi e due misure? Oppure Navalny è nel PUM mentre Khashoggi no? Eppure il delitto di Istanbul è ben più efferato di quello siberiano. Un giornalista ridotto a cubetti di cibo per pesci dovrebbe interrogare, tra l’altro, anche le coscienze di tanti colleghi che sembrano aver dimenticato questo efferato delitto. Non si è udito l’Ordine dei Giornalisti tuonare maledizioni contro il potente arabo.

E dire che abbiamo un politico, appunto Renzi, che non nega di essere un suo intimo amico. E visto che giustamente condanna ai quattro venti quanto è successo a Navalny perché non fa lo stesso con Khashoggi? Per senso di giustizia ci si aspetterebbe almeno lo stesso trattamento ma invece su questo l’ex premier tace.