Esteri

Navalny: luci e ombre di un dissidente. Quando definiva i militanti del Caucaso "scarafaggi"

Di Giuseppe Vatinno

Navalny, quella volta che si riferì alla sua collega azera “culo nero”. Un passato imbarazzante grava su di lui ma non se ne parla

Navalny: luci e ombre di un dissidente

La scomparsa di Alexei Navalny ha destato grande impressione a livello mondiale, trattandosi del principale dissidente russo e fiero avversario di Vladimir Putin. Il governo parla di “cause naturali”.

Il politico russo era nel carcere siberiano di Kharp, nella Siberia del Nord (40 gradi sotto zero), un luogo punitivo ed impervio già di per sé, dopo essere stato inizialmente in carcere a 200 km da Mosca.

Tecnicamente la colonia penale si chiama IK-3, meglio nota come “Lupo polare”, dove era rinchiuso dal Natale scorso. Il blogger era stato condannato a 19 anni di carcere e si era fatto 300 giorni di cella di isolamento con accuse ritenute pretestuose come: “il detenuto non aveva allacciato l’ultimo bottone della giubba”: 15 giorni di punizione in isolamento. Oppure: «Navalny ha insultato il tenente Nejmovich chiamandolo così anziché usare il nome e il patronimico»: altri 15 giorni.

E ancora, «Il prigioniero ha pulito male il cortile”: altri 15 giorni e così via.

Kira Yarmysh, la sua portavoce, aveva parlato poi del cibo scarso e di pessima qualità che gli veniva fornito e del fatto che in queste celle speciali di punizione il detenuto non poteva neppure sdraiarsi né sedersi a causa del letto tirato su e bloccato contro il muro.

Una ulteriore restrizione degli spazi a disposizione.

La moglie Yulia, da Monaco di Baviera dove risiede, ha lanciato una coraggiosa sfida al Capo del Cremlino, secondo quanto riportato dall’Agenzia stampa LaPresse:

"Non possiamo credere a Putin e al suo governo, perché mentono continuamente. Ma se questa notizia è vera, Putin e tutto il suo staff, tutti i suoi uomini, pagheranno per quello che hanno fatto. Saranno portati davanti alla giustizia e questo avverrà presto".

Ma chi è veramente Aleksei Navalny?

Tentiamo una ricostruzione “fuori dal coro” al di là dell’agiografia consolidata dell’”oppositore al regime” duro e puro. Nato nel 1976 –quindi in piena era sovietica- a Butyn nell’Oblast di Mosca, è stato l’artefice della Fondazione Anti-corruzione. Di posizioni liberali e nazionaliste è stato in passato un fautore della riunificazione di Ucraina e Bielorussia sotto Mosca.

Nel febbraio 2021 Amnesty International aveva ritirato a Novalny il premio “prigioniero di coscienza” a causa di suoi video pro-nazionalisti che non facevano comodo per le vicende ucraine, ridandoglielo in seguito in un imbarazzante balletto.

Quando Navalny definiva i militanti del Caucaso “scarafaggi” e la sua collega azera “culo nero”

Su Wikipedia si legge che: “Nel 2007 fondò un movimento politico chiamato Narod (Popolo), che aveva come priorità la tematica dell'immigrazione. Il movimento venne criticato per le sue posizioni xenofobe, come quando, in un video dell'organizzazione, lo stesso Navalny paragonava i militanti jihadisti del Caucaso, scuri di pelle, a degli scarafaggi, asserendo che mentre gli scarafaggi possono essere uccisi con una paletta, per gli esseri umani consigliava di usare le pistole”.

E poi ancora:

“In un altro video, Navalny sembra sostenere l'idea di una pulizia etnica nonviolenta tramite la deportazione. Vestito da dentista, mentre scorrono degli spezzoni di video di lavoratori immigrati, dice allo schermo: "Nessuno dovrebbe essere picchiato. Tutto ciò che ci infastidisce dovrebbe essere accuratamente, ma inflessibilmente eliminato mediante la deportazione… Un dente senza radice è considerato morto. Un nazionalista è colui che non vuole che la radice "russa" venga cancellata dalla parola "Russia". Abbiamo il diritto di essere russi in Russia e proteggeremo questo diritto […] Pensa al futuro, diventa un nazionalista".

Ancora:

“ll vice caporedattore del Moskovsky Komsomolets, Ayder Muzhdabaev, in una lettera aperta a Navalny alla quale non venne data alcuna risposta, riporta episodi razzisti che lo avrebbero coinvolto, come il fatto di rivolgersi alla sua collega azera (o riferirsi a lei) con termini come chernozhopaia (culo nero). Engelina Tareyeva, che ha militato insieme a lui nel partito Jabloko, lo considera un nazionalista e lo accusa di fare abitualmente uso di insulti razzisti”.

Ieri è anche uscita per Mow Magazine una intervista allo scrittore di origine russa Nicolai Lilin autore del celebre romanzo “Educazione siberiana”, da cui è stato tratto anche un film diretto da Gabriele Salvatores.

Ad una domanda della giornalista Diana Mihaylova su chi sia veramente Navalny lo scrittore ha risposto:

“L’Occidente ha trasformato Alexei Navalny nell’ennesimo simbolo di libertà, come fosse un “Santo protettore” dei valori democratici, schiacciato da Vladimir Putin; ma per me Navalny rimane sempre quello che era sin dagli inizi della sua carriera: un nazista, xenofobo e genio della comunicazione, che per anni ha lavorato per gli oligarchi russi. Per me lui non era un politico, ma un prodotto mediatico in grado di offrirsi al miglior offerente”.

Una narrazione dunque differente da quella che in queste ore è celebrata sui media occidentali che riportiamo per completezza di informazione, senza nulla togliere a quanto potrebbe essere successo in quel carcere del Profondo Nord siberiano.