Renzi (mina vagante) guarda al Centro. Gruppo con gli scontenti di Pd e FI?

Il miraggio persiste da quando la Dc non c'è più

Di Giuseppe Vatinno
Matteo Renzi, conferenza stampa alla Camera
Politica

Il miraggio del “Centro” persiste da quando la Balena Bianca, cioè la Democrazia Cristiana, si è dissolta

 

Tutto si può dire di Matteo Renzi tranne che non abbia un acuto senso dell’agire politico e che non rappresenti sempre e comunque una “mina vagante”.

Dopo che si è consumata la separazione da Carlo Calenda e la sua “Azione” l’ex premier ha dichiarato apertamente che sta guardando contemporaneamente verso destra, puntando Forza Italia, e verso sinistra, puntando il Pd, per ricostruire appunto il “centro” o meglio il “Centro”.

In realtà, tale entità già esisterebbe nel mare di sigle che si affastellano nella politica italiana ed un’area che vede interessati Giovanni Toti e Maurizio Lupi.

Il miraggio del “Centro” persiste da quando la Balena Bianca, cioè la Democrazia Cristiana, si è dissolta.

Ci provarono già dieci anni fa Rutelli e Fini a ricostruirlo ma la cosa non andò in porto.

E Renzi, da questo punto di vista, è il più titolato per riprovarci visto che lui nella Margherita di Rutelli c’era già, ancor prima che nel Pd.

CATENO DE LUCA A RENZI, "CENTRO? OPERAZIONE 'PIRANDELLIANA', SCORDATI IL NOSTRO 2%"

''Cosa sarebbe questo Centro? Una nuova maschera dietro la quale nasconderti? Io non ho necessità di 'formule pirandelliane' per nascondermi. Chi è alla ricerca di continue maschere per presentarsi all'elettorato vuol dire che è cosciente di aver 'truffato' gli elettori e vuole continuare a farlo. Sei abituato male, le fughe in avanti, stile Papeete, con me non funzionano. La trattativa per le europee, per fare alla luce del sole un matrimonio d'interessi, si ferma qua. A queste condizioni non ci sto e di sicuro non ho alcuna intenzione di 'regalarti' il 2% di Sud chiama Nord per continuare a farti sopravvivere''. È quanto dice Cateno De Luca, leader di Sud chiama Nord e sindaco di Taormina.

''Noi siamo un partito del territorio, un partito che si fonda sul civismo, non siamo 'salottieri' e non confezioniamo partiti da sotto l'ombrellone richiamando formule geometriche che hanno il sapore delle sedute spiritiche per rievocare fantasmi utili a distrarre l'elettorato. La nostra forza sono i cittadini e solo a loro rispondiamo con coerenza e chiarezza'', aggiunge De Luca che fa sapere che ''non parteciperà al tavolo programmatico di metà settembre'' con Renzi ed altri. ''Ribadisco un concetto molto importante: per noi il matrimonio d'interessi vale se fatto con il Terzo Polo in versione integrale per come si è presentato alle elezioni politiche, non siamo interessati a singole ''fuitine' con Renzi o Calenda, proposte dall'uno e dall'altro. Non sarò uno strumento da faida e ad entrambi dico di essere seri e coerenti perché la formula dei 'Ladri di Pisa' ormai ci ha veramente stancato'', conclude il leader di Sud chiama Nord.

Renzi incarna infatti naturalmente l’idea di centro perché rappresenta quella sinistra democristiana fanfaniana che ottenne ai suoi tempi grossi risultati, si pensi anche alla figura di Aldo Moro.

Forza Italia, viceversa, è un partito di ispirazione liberale che rappresenta la destra storica, quella di Cavour pre – fascista, per intenderci. La destra della imprenditoria liberale e non quella sociale a cui faceva riferimento la Meloni.

La presenza di uno squalo come Renzi nelle acque ancora agitate di Arcore è indubbiamente un pericolo dopo la scomparsa dell’unica figura carismatica, Silvio Berlusconi.

E la reazione nervosa di Gasparri all’ipotesi renziana è significativa che il pericolo è invece reale:

«Ci provi a superare il 4% di sbarramento, e poi vediamo: il suo problema politicamente oggi è mettere assieme il pranzo con la cena. Non è più un politico, è un conferenziere tra Ryad e Rignano».

Giovanni Toti, che la tessera di Forza Italia non ce l’ha più mette in guardia che c’è molta gente “là fuori” al centro: “siamo più noi ex forzisti senza tessera che i forzisti con la tessera. Fuori dal partito ci sono tre coordinatori come me, Alfano e Carfagna, ex ministri di peso come Tremonti, ex presidenti del Senato come Pera, più tanti dirigenti, eletti... FI ha due strade davanti: o chiudersi in se stessa come sembra stia facendo, con il motto “meno siamo meglio stiamo” ma senza più la forza di Berlusconi e con il rischio che gli altri vadano verso diversi lidi, o aprirsi a questa area, coinvolgendoci».

Parimenti Maurizio Lupi –“Noi con l’Italia- da sempre cerca di riformare un centro stabile e coeso ed avverte Forza Italia:

“se da FI non arriveranno segnali noi faremo la nostra lista”.

Dal canto suo Antonio Tajani non esclude “singoli accordi” nell’ambito però della presentazione del simbolo “FI-Berlusconi” alle Europee.

Renzi guarda anche alla “destra del Pd” scontenta della segreteria della Schlein e che non si riconosce nelle attuali scelte incentrate sui diritti di genere e non sulle tematiche del lavoro.

L’inevitabile deriva grillina del Pd, sancita peraltro dall’invito a Giuseppe Conte della Schlein alla Festa nazionale dell’Unità di Ravenna, farà perdere altri consensi all’ala riformista e non populista del Partito democratico spingendo transfughi nelle braccia di Matteo Renzi.

A quel punto il gioco sarebbe fatto e già in Parlamento potrebbe nascere un gruppo di sintesi istituzionale tra scontenti sia di destra che di sinistra.

Un gruppo che anticiperebbe poi la formazione di un movimento politico vero e proprio.

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