Renzi, Sala, Martina, Cantone e Bruti Liberati: il retroscena su Expo 2015

Nel suo libro "Il mostro", l'ex Premier aggiunge particolari inediti sulla "collaborazione istituzionale" che portò Milano al successo

Matteo Renzi e Beppe Sala 
Politica
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L'incontro in una saletta di Linate tra l'allora Premier e il Procuratore di Milano 

 

L’ultimo libro di Matteo Renzi, “Il mostro” (Piemme), è molto critico nei confronti dei magistrati (e di alcuni giornalisti). Lo si evince già dal sottotitolo: “Inchieste, scandali e dossier. Come provano a distruggerti l’immagine”. Nell’argomentare le sue ragioni, l’ex Premier sostiene di non essere prevenuto nei confronti della categoria: “Non ho mai rinunciato a pensare con la mia testa, e questo mi sembra evidente oltre che giusto, ma ho sempre cercato la collaborazione istituzionale. E non solo con i tanti magistrati che lavoravano negli uffici ministeriali (troppi, peraltro: il vero problema della mancanza di indipendenza tra politica e magistratura è questo, la capillare e pervicace presenza di magistrati in tutti gli uffici burocratici). No. Io ho cercato sempre di valorizzare dei magistrati di qualità, sia nelle nomine delle autorità di vigilanza e controllo sia creando con Raffaele Cantone l’ANAC, divenuta ben presto un modello europeo e internazionale e poi colpevolmente ridimensionata dal governo a guida grillina”.


Per dimostrarlo, Renzi cita quello che definisce “uno degli episodi sintomatici di questa collaborazione” e ritorna all’Expo 2015, svoltosi a Milano nonostante alcune notevoli difficoltà incontrate nella fase preparatoria. “Quando sono arrivato a Palazzo Chigi la situazione giudiziaria era fluida e complessa e molti appalti stavano saltando. Non svelo un segreto se affermo che l’allora commissario Beppe Sala era pronto a dimettersi e si sfogò in più di una circostanza sia con me sia con il ministro Martina, che avevo delegato a seguire l’evento, non avendo la possibilità concreta di portare avanti l’impegnativa sfida. Oggi tutti a magnificare l’Expo, ma in quelle ore il destino della manifestazione sembrava segnato. Dalla Turchia il governo Erdogan immaginava già di rilanciare l’alternativa Smirne, che era la città sconfitta da Letizia Moratti e da tutti i milanesi per ospitare l’evento”, scrive il leader di Italia Viva.

A quel punto, prosegue il memoir di Renzi, gli venne incontro il consiglio di un non meglio precisato “magistrato di grande intelligenza e sensibilità politica”, che gli suggerì di andare a incontrare il procuratore di Milano, Bruti Liberati, già presidente dell’ANM e in quel momento a capo della procura meneghina. Il senatore racconta: “Tutto perfettamente nella norma, s’intende. Ma questo feci: presi l’aereo, arrivai a Linate e in una saletta riservata incontrai Bruti Liberati, dicendogli: «Caro procuratore, noi vi mettiamo a disposizione tutte le carte, tutte le procedure, tutte le strutture governative. Ma voi dovete aiutarci a fare questa Expo. Perché se salta l’Expo per Milano è una ferita allucinante. Ma se l’Expo si fa, la città svolta e riparte. Mi aiuti a capire come fare, noi vogliamo collaborare». Il ruolo straordinario dell’ANAC di Raffaele Cantone e una norma ad hoc studiata dalla dirigente DAGL a Palazzo Chigi, Antonella Manzione, permisero di superare l’impasse. Di evitare la crisi istituzionale. E di gestire in modo unitario e condiviso l’evento”.

Un ricordo che non sorprende granché chi ha buona memoria o, quantomeno, un buon archivio. Il 5 agosto 2015 fece molto discutere il pubblico elogio dell’allora Premier agli artefici del successo di Expo: “Non doveva esserci, ma si è fatto grazie a Cantone e Sala, grazie ad un lavoro istituzionale eccezionale, grazie al prefetto e alla procura di Milano che ringrazio per aver gestito la vicenda con sensibilità istituzionale”.

Alcuni aspetti di questa vicenda erano quindi già conosciuti, ma per Renzi rappresentano una buona motivazione per affermare: “Dunque: io non sono un ideologico nemico dei magistrati. Avevo l’obiettivo di salvare l’Expo a Milano e mai come oggi sono fiero e orgoglioso di avercela fatta. Per raggiungere questo obiettivo avrei fatto di tutto, a maggior ragione prendere semplicemente un caffè col procuratore del capoluogo lombardo. Ma se invece oggi mi aggrediscono perché vogliono mettermi un cordone sanitario, reagisco”, come Renzi scrive nelle righe successive, ben più cariche di rabbia per quelli che ritiene attacchi immotivati.

 


 

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