Politica

Quando Cairo telefonò a Renzi, per attaccare Gruber, Travaglio e Giannini

Nel suo libro "Il mostro", racconta un'esperienza a "Otto e mezzo": "Erano tre contro uno, ma sei stato bravissimo", gli avrebbe detto l'editore di La7

L'editore di "Otto e mezzo" solidale con Renzi, accerchiato dalla conduttrice e i suoi ospiti


Matteo Renzi continua a fare discutere per le rivelazioni e le frecciatine contenute nel suo ultimo libro, “Il mostro”, freschissimo di stampa. Molte delle pagine sono dedicate alle sue vicende giudiziarie, con il leader di Italia Viva che racconta la sua verità e, oltre che con i magistrati, se la prende con chi le ha raccontate. Tra questi ci sono Lilli Gruber, Marco Travaglio e Massimo Giannini, citati in un aneddoto nel quale è co-protagonista anche Urbano Cairo, editore di La7 e di RCS.

 

"Io ho pagato gli atti del processo, i giornalisti li hanno avuti gratis"


Renzi racconta dell’inchiesta sulla fondazione Open, della quale si è tanto discusso, raccontando dal suo punto di vista gli eventi del novembre dello scorso anno: “Quando i PM di Firenze dichiarano chiuse le indagini e si accingono a chiedere il rinvio a giudizio, nelle redazioni dei giornali arrivano gli atti. Ai giornalisti gratis, naturalmente: l’imputato paga 4.100 euro mentre il giornalista li riceve da qualche mano amica”. L’ex Premier racconta della sua presenza come ospite a “Otto e mezzo”, dove la conduttrice Gruber è affiancata da due famosi direttori di quotidiani, che sono appunto Travaglio (Il Fatto Quotidiano) e Giannini (La Stampa), coi quali Renzi ha spesso avuto palesi divergenze di opinione.

Il "processo televisivo" nel corso di Otto e Mezzo

E la serata su La7 parte con presupposti altrettanto conflittuali: “Quando la redazione mi chiede se voglio partecipare perché, dicono scherzando ma non troppo, «il processo non si faccia in contumacia», decido di liberare l’agenda e mi reco negli studi di La7”, scrive Renzi. “In questi anni ho avuto un qualche ruolo nella vita politica del Paese. Ma Otto e Mezzo non mi ha mai chiamato per commentare la crisi contro Conte e l’operazione che ha permesso l’arrivo di Draghi, mai. Otto e Mezzo non mi ha mai chiamato per sapere la mia su Mattarella o sulle delicate vicende del Quirinale, di cui parleremo nei capitoli finali di questo libro. Eppure su entrambe le vicende qualcosa da raccontare forse potevo averlo anch’io, visto il ruolo esercitato”, aggiunge il senatore.

Il suo ricordo della trasmissione è tutt’altro che piacevole: “È uno show a senso unico: i giornalisti citano integralmente gli atti dell’accusa. Non potrebbero farlo ai sensi dell’articolo 684 del Codice penale. Ma gli articoli del Codice penale non sembrano interessare loro: sono eccitati dall’idea che negli atti ci sia il mio estratto conto bancario e che nella mia email sia stata ritrovata una bozza di progetto del 2017 di un gruppo di professionisti che volevano contestare i metodi dei Cinque Stelle ripagandoli con la stessa moneta. Progetto scartato e mai realizzato, peraltro. Proprio perché noi non siamo come i Cinque Stelle”.

La telefonata di Cairo: "Erano tre contro uno, ma sei stato bravissimo"

Renzi poi racconta di una telefonata da parte di Cairo, il giorno dopo la trasmissione in questione: “«Sei stato bravissimo, erano tre contro uno, ma tu sei stato bravissimo» mi dice il giorno dopo l’editore di La7, Cairo, telefonandomi per complimentarsi. Lo ringrazio. Poi ci ripenso e lo richiamo. «Scusa, Urbano, ma ti sembra normale che tu – editore di quella trasmissione – mi faccia notare che erano tre contro uno? Non è un po’ strano che ormai i talk vedano i giornalisti impegnati non nell’appurare la verità, ma nell’attaccare il politico che non amano?» Non fa più notizia ormai. Ma nell’Italia dei nostri giorni alcuni talk non sono organizzati per fare domande, ma si schierano tre contro uno. L’audience gode, la democrazia soffre. Anche perché nessuno fa notare la stortura di questo modo di concepire il confronto politico, nel quale contro un leader non vanno gli avversari, ma i direttori dei quotidiani”, conclude amaramente il leader di Italia Viva. Ma la sensazione è che “Il mostro” abbia solamente iniziato a suscitare dibattito, come tutto quello che, nel bene e nel male, riguarda uno dei protagonisti più discussi della pur turbolenta vita politica italiana. 
 

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