Salvini? Più pragmatico, concreto e moderato. Che cosa c'è dietro la svolta
Meno “epica del Capitano”, più “lavoro del problem solver”
Il nuovo Matteo Salvini
A cura di Alessandro Amadori, sondaggista e politologo
Da quando si è insediato al ministero delle Infrastrutture, il leader della Lega, Matteo Salvini, ha assunto una diversa “postura” comunicativa, che possiamo riassumere mediante tre aggettivi comparativi: più pragmatico, più concreto, più moderato. Questo nuovo corso sembra correlarsi non solo con una stabilizzazione dei parametri demoscopici della Lega, ma anche con una almeno parziale inversione di trend. Le intenzioni di voto per il partito si collocano oggi in una banda di oscillazione più ampia rispetto a subito prima del voto politico di fine settembre, con un valore superiore dell’intervallo che raggiunge la seconda cifra (ossia quota dieci per cento). E anche la fiducia verso Matteo Salvini mostra alcuni incoraggianti segnali di tonificazione. Che cosa ha prodotto questo cambiamento di strategia? I fattori in gioco sono due.
Il primo è la maturazione personale dello stesso Matteo Salvini, che oggi è un uomo di 49 anni. Un’età ancora decisamente giovane, per la politica italiana, ma al tempo stesso molto diversa dai 39 anni del 2013 quando, sul finire dell’anno venne eletto segretario federale della Lega Nord. Nel passaggio dai 40 ai 50 anni, anche Matteo Salvini, come la maggior parte di noi, ha acquisito una maggiore riflessività, un atteggiamento più orientato alla ponderazione, alla valutazione, alla ricerca di una soluzione effettivamente “possibile”. Lo spirito ancora adolescenziale della prima decade di questo secolo ha lasciato il passo a una più moderata adultità politica.
Il secondo è la consapevolezza, nello stesso Matteo Salvini ma anche nello staff dei suoi più stretti collaboratori, che fasi politiche diverse richiedono strategie, sia di costruzione politica che di comunicazione, a loro volta diverse. L’Italia del 2018, pre-pandemia, aveva una struttura dei bisogni, e un corrispondente sentiment, che ben si sposava con il decisionismo anche un po’ irruente del Salvini di allora, con il suo stile di comunicazione volutamente netto, spesso persino provocatorio.
L’Italia di oggi, dopo una pandemia e ancora nel pieno di una guerra in Europa e delle sue conseguenze economico-sociali, ha un bisogno dominante di rassicurazione e protezione, e un sentiment poco incline, e poco ricettivo, verso le narrazioni “battagliere”. Più sensibile nei confronti di un approccio costruttivo e meno centrato sul protagonismo individuale. Così, da un lato lo stesso Salvini, e dall’altro il suo gruppo di consiglieri più stretti, sono andati maturando la consapevolezza di dover cambiare registro: meno “epica del Capitano”, più “lavoro quotidiano del problem solver”. Al momento, la nuova strategia pare aver prodotto risultati positivi. L’ormai prossimo banco di prova delle elezioni regionali in Lazio e Lombardia potrà confermare, o meno, questa ipotesi.