Schlein decide tutto da sola, malumori tra i big del Pd. Pericolo scissione

Scissione se sull'Ucraina Schlein segue troppo la linea di Conte

Di Alberto Maggi
Politica

Ai capicorrente Dem non piace il decisionismo della nuova segretaria

Io ho vinto le primarie, io comando e deciso. Sembra essere questo in estrema sintesi il motto della nuova segretaria del Partito Democratico Elly Schlein. Chi in questi primissimi giorni dopo il voto nei gazebo di domenica scorsa vive il background del Parlamento, in sostanza il Transatlantico, racconta di una leader "davvero tosta". Il punto chiave e di rottura rispetto al passato è che Schlein non ascolta i capicorrente, si fa dare dei consigli o delle rose di nomi, ma poi decide lei. In piena e totale autonomia.

E infatti iniziano ad esserci già i primi malumori, sottotraccia, tra i leader storici del Pd che l'hanno appoggiata alle primarie. Parliamo di personalità di spicco, di ex segretari, di ex ministri e di ex governatori di regione come Dario Franceschini, Peppe Provenzano, Andrea Orlando, Nicola Zingaretti e Francesco Boccia. "Probabilmente pensavano di avere maggior voce in capitolo e di poter comandare ancora, si sono sbagliati di grosso", commenta sibillino un ex deputato Dem molto informato delle vicende interne. Men che meno Schlein ascolta quelli dell'altra barricata, ovvero Stefano Bonaccini e il leader di Base Riformista, ex ministro della Difesa e presidente del Copasir, Lorenzo Guerini.

Prendiamo il caso delle due capogruppo. Le ultimissime dicono che forse alla Camere potrebbe addirittura restare Debora Serracchiani mentre al Senato Simona Malpezzi dovrebbe essere, a breve, sostituita con Boccia o con Antonio Misiani. Ma decide lei. Punto. Come e quando vuole. Così come sulle alleanze con l'incontro con Giuseppe Conte e rilancio del dialogo con il M5S che ha già allarmato i moderati Dem. Al momento non ci sono sentori di scissioni verso il centro, ma il vero banco di prova per Schlein è la politica estera. Su quel tema deve stare attenta, molto attenta.

Se mettesse in dubbio l'invio di armi all'Ucraina, sposando in qualche modo la linea dei pentastellati, allora sì che ci sarebbe un terremoto nel Pd, con uscite di big come Guerini, Piero Fassino, lo stesso Bonaccini e diversi sindaci tra i quali Dario Nardella e Giorgio Gori. Vedremo. Per ora registriamo i malumori dei capicorrente per il decisionismo della segretaria.

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