Schlein invita Conte alla Festa, ma la leadership è insidiata da Bonaccini

Traballa sempre più vistosamente la leadership della bolognese –svizzera-americana che esaurito il già scarso propellente populista

Di Giuseppe Vatinno
Stefano Bonaccini e Elly Schlein
Politica

Schlein invita Conte alla Festa dell'Unità, ma la sua leadership è insidiata da Bonaccini. Il progetto è ormai naufragato

Elly Schlein, segretaria del Pd, ha invitato Giuseppe Conte alla festa nazionale dell’Unità che si terrà a Ravenna il prossimo nove settembre. L’ex premier multicolore, già giallo – verde e poi giallo –rosso ed infine draghiano ha accettato con gioia perché la cosa entra nel programma che Pd e Movimento si erano prefissi quasi un anno fa dopo la batosta elettorale.

Il giochetto è stato quello di far finta di essere divisi e guardinghi per infinocchiare poi l’elettorato facendo credere che tra i due ci fosse una differenza per affrontare un paio di elezioni -peraltro andate sul catastrofico per entrambi- e poi zac!, la riunione appena possibile con tanti saluti agli allocchi che ci avevano creduto. Che i due partiti non possano marciare divisi lo dicono i numeri. Pd intorno al 19% e M5S al 16%. Nessuno dei due ha la forza, da solo, di fare un’opposizione seria alla destra. E quindi inevitabile il ricompattamento quantomeno ideologico per affrontare il mare periglioso. Sta di fatto che la sinistra è molto frammentata e sono lontani i tempi in cui Renzi faceva più del 40% con il Partito democratico, proprio alle Europee. Quindi non stupisce la mossa della Schlein di invitare Conte.

Inoltre c’è tutta una partita interna che si sta giocando nel Pd con Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia – Romagna e, soprattutto, Presidente del Partito democratico che è ben determinato a sfilare la cadrega dalle terga della Schlein.

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Infatti, la segretaria del Pd è sostanzialmente scomparsa dai radar estivi mentre Bonaccini è attivissimo, se non altro perché è legittimato furbamente dalla stessa Giorgia Meloni che si rivolge solo a lui per i problemi importanti, tra cui la ricostruzione della regione alluvionata. Una politica scaltra come la leader di FdI sa benissimo che il ventre mollo del Pd passa proprio da questa divisione interna e che un’onda ben mirata in quella direzione può far sussultare e deflagrare l’intera struttura della sinistra, considerando che Verdi ed Europa+ sono marginali, per non parlare di Calenda mentre qualche guaio, peraltro tattico, Renzi lo può ancora combinare.

Traballa invece sempre più vistosamente la leadership della bolognese –svizzera-americana che esaurito il già scarso propellente populista con cui era riuscita a sconfiggere Bonaccini, non ha più carte da giocare. Infatti la sinistra e soprattutto il Pd chiedono un impegno sui temi del lavoro e del salario e non sui diritti sociali delle minoranze. Quelle sono battaglie per élite privilegiate e non per un partito che dovrebbe rappresentare i meno abbienti. La crisi di identità del Pd è stata portata ai messimi livelli proprio da questa denaturazione ideologica della vera natura del partito. Diciamolo francamente: la Schlein è del tutto inadeguata a gestire gli eredi del Partito Comunista Italiano e della Sinistra democristiana.

La sua elezione si è trattata solo dell’ennesimo pasticcio capalbiese, un vezzo alla ztl che è costato ai progressisti un anno di immobilità con l’aggravante che hanno dovuto assistere ad un centro – destra e una Giorgia Meloni –sia pure nelle sue contraddizioni- che hanno tenuto, anche a livello internazionale.

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