Tangentopoli, 30 anni da Mani Pulite: l'Italia è ferma al 17 febbraio 1992

Sono passati 30 anni, ma l'Italia non guarirà mai davvero dalla ferita provocata da quell'indagine di corruzione, la quale travolse l'intero sistema politico

di Daniele Marchetti
Antonio Di Pietro
Politica
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Tangentopoli, il sassolino che causò una frattura politica. L'Italia tra indagini e corruzioni

Non siamo mai usciti dal clima avvelenato di tangentopoli. L’Italia è ferma a quel 17 febbraio 1992 quando da una banale indagine di corruzione, prese il via lo tsunami che travolse un intero sistema politico distruggendo, con un malaffare diffuso ma reso sistema corrente e consolidato (come denuncerà -in Parlamento- uno dei leader più lucidi che la storia italiana può annoverare: Bettino Craxi), il molto bene che la tanto vituperata prima repubblica aveva prodotto per la settima -divenuta quinta- potenza economica mondiale.

Come ogni valanga l’incipit è un caso; una svista, un sassolino che travolge tutto e tutti. Una distruzione di credibilità e di fiducia da cui l’Italia non riesce a venire fuori. La cultura di tangentopoli: quella del “tutto è corrotto” e, per altro verso, quella dell’incoronazione (soprattutto mediatica) dei “buoni” ha prodotto, al di là della spaccatura politica, una frattura morale che ha generato e continua a produrre sfiducia.

Da tangentopoli si giunge alla cosiddetta “giustizia ad orologeria”, all’accanimento giudiziario e giudiziario/mediatico fino ad uno strapotere diffuso ed innaturale del quarto potere nazionale che, come un’ondata di ritorno, sta sommergendo anche la magistratura la cui popolarità sta scendendo inesorabilmente a livelli infimi simili a quelli della politica (pre e post tangentopoli).

C’è di più. Tangentopoli ha “drogato” la politica. Dalla cultura del “tutto marcio” nascono i girotondi, i “vaffa D”, la rottamazione e, nel 2018, l’affermazione elettorale del “partito dell’anti-sistema”. Ma non basta.

La cultura di tangentopoli ha “bloccato” l’intero sistema amministrativo/economico con un’eccessiva burocratizzazione di tutte le procedure e l’esigenza di arruolare esponenti graduati delle forze dell’ordine e magistrati in funzioni di controllo e di diretta amministrazione della cosa pubblica.

Questa è, oggi, l’Italia di tangentopoli: un cumulo di macerie sotto le quali tutti sono finiti e sotto cui -è facile prevederlo- finirà anche il PNRR. Un nuovo piano Marshall, come spesso si è definito, che siamo costretti a far dirigere -per tentare di non farlo fallire- ad un “tecnico”. C'est tout dire!

 

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