Tangentopoli: “Così ho scoperto i 10 miliardi di lire di Mario Chiesa"
Intervista di Affari ad Annamaria Bernardini De Pace, legale della moglie del primo arrestato nell’inchiesta. Mani Pulite nacque da una separazione matrimoniale
Mani Pulite è nata da un divorzio? “Di Pietro stava già indagando. La mia indagine ha corroborato le idee che lui si era già fatto e così si è potuto muovere”
La regola aurea del buon investigatore è stata sempre quella di seguire i soldi. Nel fatidico 1992 da Milano alla Sicilia questo metodo fu la stella polare dei magistrati italiani. E non solo. Nel trentennale di Mani pulite, Affaritaliani.it parla con l’avvocato matrimonialista Annamaria Bernardini De Pace, stimata collaboratrice di Affaritaliani.it, che, da difensore dell’allora moglie di Mario Chiesa, incrociò i primi atti di quello che sarebbe diventato lo scandalo giudiziario più grosso della storia italiana, tanto da provocare la fine della Prima Repubblica.
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Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, fu arrestato dopo essere stato incastrato dal pm Antonio Di Pietro con 7 milioni di lire. Ma già da qualche anno De Pace aveva a che fare proprio con il “mariuolo”, come ebbe a definirlo Bettino Craxi. All’epoca la legale, infatti, seguiva la separazione di Laura Sala, sposata col noto socialista milanese. E furono proprio i documenti di cui era in possesso, dice al nostro giornale, a “corroborare l’indagine” già in corso dell'ex pm molisano.
Come si è intrecciata la sua causa con Tangentopoli?
Nel 1989 la separazione tra Laura Sala e Mario Chiesa, grazie all’intervento del magistrato Nicola Cerrato, si era conclusa consensualmente. Solo che nel ‘91 il marito della signora Sala chiese la riduzione dell’assegno di mantenimento. Fece un ricorso per la modifica delle condizioni della separazione, dicendo che guadagnava meno.
Galeotta fu questa richiesta, insomma.
L’errore è stato la scarsa intelligenza di questo signore. Sapendo quello che aveva da nascondere, l’ultima cosa al mondo che doveva fare era chiedere la riduzione dell’assegno di mantenimento, che è un procedimento molto severo perché appunto i giudici vanno a indagare sulle condizioni economiche. Tenga conto che io avevo una serie di documenti nello studio che mi sarebbero potuti servire se avessimo optato per una separazione giudiziale. Strada che poi non fu percorsa, ma se fosse stata intrapresa avrei potuto chiedere il doppio di quanto concordato, proprio perché la dichiarazione dei redditi di Chiesa era già molto significativa.
I documenti di cui parla rientrarono in campo però con il ricorso di Chiesa. E’ andata così?
Chiesa, nella fretta di andarsene di casa, aveva lasciato diversi documenti, altri li trovammo in mezzo a dei libri, probabilmente perché lui non ricordava più dove li avesse nascosti. Tutti atti che ho depositato davanti al collegio dei giudici. Ricordo ancora che il giorno dell’udienza Chiesa era indignato e mostrava una grande insofferenza di fronte a ogni parola che io pronunciassi.
Che cosa disse?
Mi sono limitata a spiegare un concetto fondamentale: una persona non può dire di avere meno soldi - o di non averne - in presenza di estratti conto della Banca commerciale italiana da 10 miliardi di vecchie lire. Chiesi dunque che Mario Chiesa spiegasse perché c’era questa cifra e perché la gestisse. La sua difesa fu talmente poco credibile che io a quel punto convinsi i giudici a rimettere tutti gli atti alla Procura della Repubblica.
Fu allora che i documenti arrivarono nelle mani di Di Pietro?
Ricordo che dovetti combattere molto perché i giudici inizialmente erano contrari. Alla fine, secondo me per sfinimento - sapendo che non mi sarei arresa -, decisero di rimettere gli atti. Eravamo alla fine del 1991. Di Pietro stava già indagando su Mario Chiesa. Ecco perché, tra i vari pm, gli atti furono dati a lui per competenza. Quando li ricevette, naturalmente, chiamò me e la signora Sala.
Di qui il suo apporto all’inchiesta di Mani pulite?
Come ho detto, Di Pietro stava già indagando. Diciamo che questa mia indagine ha corroborato le idee che lui si era fatto e si è potuto muovere.
Ha avuto contatti anche con il resto del pool di Mani Pulite?
Soprattutto con Di Pietro, gli altri li ho conosciuti in situazioni diverse.
I suoi rapporti con l’ex magistrato sono poi continuati nel tempo o si sono interrotti?
In quegli anni avevamo rapporti da persone che lavorano nello stesso settore. Poi Di Pietro lasciò la magistratura. Quando entrò in politica c’è stato qualche scambio di auguri, magari a Natale. Ci siamo visti raramente, ma è rimasta la stima reciproca.
Della signora Sala che ricordo conserva?
Di una madre insuperabile. La annovero tra quelle che sanno perfettamente qual è il loro ruolo e la loro responsabilità genitoriale. Non ha mai rinunciato ai diritti del figlio, ma al tempo stesso la sua priorità era proteggerlo.
A proposito, la causa di divorzio, alla fine, come si concluse?
Siamo arrivati al divorzio con un ulteriore accordo e con una cifra più alta di quella stabilita con la separazione.
Tirando le somme, a 30 anni di distanza, qual è secondo lei il lascito di Tangentopoli?
L’unica cosa seria che bisogna ricordare è il fatto che Di Pietro abbia introdotto allora alla Procura della Repubblica tutto quello che di informatico era possibile. E’ grazie a quel lascito se abbiamo potuto superare la pandemia senza bloccare tutti i processi. Sono 30 anni, insomma, che i tribunali funzionano perché l’ex pm di Mani pulite, al di là degli arresti, ha avviato per primo la digitalizzazione. Ed era bravissimo, come ebbi modo di vedere io stessa, essendo stata da lui parecchie volte nel periodo precedente l’arresto di Chiesa.
E sul fronte della magistratura e della politica?
Non credo che Tangentopoli abbia poi portato un risultato nella magistratura e nella politica. La prima è diventata molto più potente e sorda di fronte a quelli che sono i principi della giustizia. La politica italiana è scaduta di livello in modo imbarazzante.
Per la sua carriera, invece, cosa ha significato?
Non ritengo che Tangentopoli mi abbia favorita, mi ha tolto la possibilità di avere clienti ricchi che avevano da celare le cose che nascondeva Chiesa. Io ho aperto il mio studio da sola nel febbraio del 1989 e per 10 anni lo hanno frequentato solo donne, proprio per effetto della mia difesa della signora Sala.
E oggi?
Adesso seguo più uomini che donne.
Come se lo spiega?
Un po’ perché gli uomini hanno compreso che per loro era meglio precipitarsi da me, prima che le loro mogli scoprissero gli altarini. E un po’ perché, nel frattempo, le donne sono diventate o troppo aggressive o hanno ancora una dipendenza affettiva nei confronti dei mariti.
Intanto, nelle scorse ore è arrivato il no della Consulta al referendum sulla responsabilità diretta dei magistrati.
Non mi aspettavo, purtroppo, nulla di diverso. Il potere dei magistrati, anche grazie a Tangentopoli, oggi è enorme pure nell’incidere su queste scelte.
Del ruolo degli avvocati nella valutazione delle performance dei magistrati, invece, che cosa ne pensa?
Non vede l’ora. E lo dico da figlia di un magistrato che ha lasciato la magistratura nel momento in cui sono nate le correnti.
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