Trionfo in Friuli con Fedriga, la vittoria che rinsalda il governo Meloni

La fiducia nell'esecutivo non è affatto scemata, il voto a Trieste sa molto di piccolo test Nazionale e unito a Lombardia e Lazio rappresenta un segnale chiaro

di Vincenzo Caccioppoli
Politica

Friuli Venezia Giulia, così il centrodestra è tornato ad essere unito

Il clamoroso trionfo di Massimiliano Fedriga alle elezioni regionali in Friuli, ha diversi risvolti da analizzare e certamente può fornire alcune risposte necessarie per cercare di fare un pò di chiarezza anche a livello nazionale. Prima considerazione che sorge naturale guardando al voto espresso dai cittadini friulani e che appare innegabile come i risultati usciti dalle urne, dimostrino che la fiducia nel centrodestra, come qualcuno vorrebbe far credere, non è affatto scemata, anzi semmai il contrario. Certo si dirà il voto locale non può rappresentare un chiaro test nazionale, soprattutto se riferito ad un regione come il Friuli Venezia Giulia, con un decimo di abitanti rispetto per esempio a Lombardia e Lazio, ma se appunto si aggiunge il voto friulano a quello di due mesi fa nelle due suddette regione, ecco allora che il quadro diventa certamente più probante.

La figura di Fedriga, uno dei volti miti della Lega e non sempre in linea con il segretario, e il suo buon governo in questi cinque anni hanno certamente influito molto sul trionfo schiacciante. Il risultato della sua lista è lì a dimostrarlo. Ma allo stesso non si può non definire il risultato della Lega quasi al 19%, poco sopra Fdi, come incoraggiante ( anche se perde 16% rispetto al 2018) soprattutto in riferimento all’armonia che si respira all’interno del governo. E’ chiaro che un nuovo sorpasso del partito della premier ( che guadagna comunque più di 12 punti rispetto a cinque anni fa) avrebbe certamente creato ulteriori mal di pancia nella Lega e soprattutto nel suo segretario, il ministro Salvini. Il fatto che la Lega abbia contenuto lo scomodo alleato, può essere rassicurante per il futuro, soprattutto guardando anche gli ultimi sondaggi a livello nazionale che la vedono in costante crescita.

Molto deludente invece il risultato della Schlein, alla sua prima prova elettorale importante, che ha certamente fallito miseramente, prendendo meno voti sia rispetto alle elezioni nazionali, e sia rispetto a quelle regionali di cinque anni prima. Non si può certo dire che l’effetto Schlein si sia già esaurito, ma se si considera che anche a livello nazionale la crescita del Pd da due settimane pare essersi arrestata, si può certo dire che ci si trova in una fase di assestamento, che solo i prossimi mesi potranno dire se momentaneo o se permanente. Quello che invece appare ormai chiaro è che i 5 stelle, a livello locale, praticamente non esistono e che allearsi con il Pd è forse addirittura controproducente per ambedue le formazioni. Questo perché con la nuova segreteria Pd, le posizioni dei due partiti si sono avvicinate e possono in certi aspetti addirittura sovrapporsi.

Non è un caso che al guadagno di consensi del Pd è corrisposto un quasi equivalente calo del movimento guidato da Conte. Secondo aspetto da rilevare per analizzare il voto del Pd certamente deludente, come ammesso anche dalla stessa segretaria, è che con la Schlein il Pd perde gran parte dei voti moderati, mentre risulta ancora complicato recuperare parte dell'astensionismo, che evidentemente è formato in piccolissima parte dai delusi del Pd. Ma se per il Pd la strada appare ancora in salita, subisce un nuovo pesante stop la proposta del cosiddetto terzo Polo, di Calenda e Renzi, che non a caso forse proprio alla vigilia delle elezioni aveva annunciato una sua pausa di riflessione.

Il partito di Calenda, infatti, viene superato anche da una lista vicina ai no vax, e dimostra la sua sostanziale irrilevanza, già mostrata in Lombardia e Lazio e destinata probabilmente ad accentuarsi nei prossimi mesi. Il problema del terzo polo, alla faccia di quanti preconizzavano che il centro sarebbe stato decisivo, è che non ha ancora una sua direzione precisa, e rimane sostanzialmente un partito personale, legato ai capricci di Renzi e alla supponenza di Calenda. Facile immaginare che questo nuovo tonfo possa creare ulteriori malumori nei due uomini di punta, accentuando le distanze tra i due.

In questo quadro perciò non si può non concludere che il voto in Friuli certamente aiuta il governo a ricompattarsi, in un momento delicatissimo, in cui la questione del Pnnr sta creando non pochi grattacapi all’esecutivo, anche alla luce delle discrepanze tra i vari alleati createsi sulla realizzazione del piano, come le dichiarazioni di Molinari a questo giornale ieri hanno ampiamente dimostrato. Ma queste divergenze sembrano davvero poca cosa rispetto ai travagli e ai problemi che gravano sulle opposizioni.

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