'Lazarus' l’addio di David Bowie al Teatro Piccinni - Bari
“Lazarus” al Teatro Piccinni.di bari, per ricordare David Bowie e celebrarne sul palcoscenico creatività e innovazione nella musica
“Lazarus” al Teatro Piccinni. La musica è bella, anzi bellissima. Il palcoscenico che è una ruota che gira, lo sfondo con immagini riprese da schegge di schermi laterali, i musicisti posizionati sui lati nel buio, tre fanciulle che danzano sconnesse, con i capelli azzurri e le camicie bianche e “lei” l’oggetto dell’amore, sinuosa che danza sul fondo con le lunghe gambe nude e tutta la sensualità possibile.
“Lazarus” è considerato il regalo d’addio di David Bowie al mondo. Un’opera rock, un inconsueto e per certi versi straordinario pezzo di “teatro musicale”, scritto da David Bowie poco prima della sua scomparsa insieme al drammaturgo irlandese Enda Walsh. L’artista, seppur piegato dalla malattia, con un commovente, faticoso sforzo creativo, ha voluto lasciare questo prezioso dono che si può considerare, insieme al magnifico album Blackstar, uscito due giorni prima della morte, il suo testamento creativo. Lazarus va in scena in Italia con la regia del direttore di ERT Valter Malosti, che ha curato la versione italiana confrontandosi con lo stesso Walsh.
Nel ruolo del protagonista Newton, Manuel Agnelli, cantautore e storico frontman degli Afterhours, da solista ai primi posti delle classifiche con l’album Ama il prossimo tuo come te stesso (2022). Al suo fianco, la cantautrice e polistrumentista vincitrice della XIV edizione di X-Factor Italia Casadilego e la coreografa e danzatrice Michela Lucenti.
Sono 11 gli interpreti che si alternano, si affiancano in una rappresentazione scenografica affascinante con i suoi toni cupi e la sofferenza di chi ama ancora “inutilmente”.
L’opera
La prima rappresentazione di Lazarus ha avuto luogo il 7 dicembre 2015 al New York Theatre Workshop di Manhattan, e quella è anche stata l’ultima apparizione pubblica di Bowie che sarebbe scomparso appena un mese dopo. A 40 anni dall’omonimo film di Nicholas Roeg, che ha visto Bowie nella sua miglior prova come attore, l’artista britannico ha scelto di riprendere in Lazarus le fila dell’infelice storia del migrante interstellare Newton, costretto a rimanere sulla Terra.
Ha scritto insieme a Walsh un labirintico sequel de L’uomo che cadde sulla terra, "Forse - commenta Malosti - per concludere anche quel capitolo rimasto in sospeso, per liberare o liberarsi di quel personaggio".
Nella versione di Bowie e Walsh, l’alieno è ancora prigioniero sulla Terra, sempre più isolato nel mondo, chiuso nel suo appartamento, in preda alla depressione e vittima dei suoi fantasmi e della dipendenza dal gin: un moribondo che non riesce a morire. In questa situazione disperata Newton riceve segnali dal passato attraverso la TV, capta visioni del futuro generate dalla sua mente, mescola realtà e sogni ad occhi aperti. Vari personaggi (fantasmi? proiezioni mentali?) si aggirano nello spazio claustrofobico dell’appartamento di Newton (o nel continuum devastato della sua mente?).
Ma per Bowie la figura dell’alieno rappresenta tutti i “diversi”, o meglio quelli che la società considera tali. "Bowie - afferma Malosti - era un’antenna sensitiva dello spirito del tempo e delle arti, percepiva umori e atmosfera, e poi digeriva e rimescolava tutto in una sintesi geniale, direi alchemica, visto il suo interesse per questa materia, in cui l’androginia e l’energia dionisiaca fanno esplodere l’interiorità e l’identità in mille frammenti e altrettante maschere".
"Alla luce della sua morte - prosegue il regista - tendiamo a leggere tutto ciò che Bowie ha creato nei suoi ultimi anni come allegoria autobiografica, specialmente quando ci viene data una serie di indizi apparentemente ovvi come quelli che troviamo in Lazarus. Ma Bowie, come sempre nelle sue creazioni e nei suoi alter ego, sta usando la persona di Newton, mobilitandola come veicolo per una serie di temi costanti che troviamo nella sua musica: l’invecchiamento, il dolore, l’isolamento, la perdita dell’amore, l’orrore del mondo e la psicosi indotta dai media. Newton è allo stesso tempo Bowie e non è Bowie".
Lo spettacolo include numerosi brani tra i più celebri di Bowie e quattro inediti scritti appositamente, legati in modo da costruire una frammentata e affascinante drammaturgia parallela, tra cui il capolavoro che da il titolo all’opera. Non ci si distrae un attimo, la musica entra dentro e ti fondi con le sequenza sceniche. Gli interpreti sono intensi e il loro muoversi fra i musicisti crea un coinvolgimento totale.