Banda della Magliana, la Dia arresta i rampolli di Senese e Nicoletti

Una mega operazione della Dia ha portato in carcere due figli d'arte della Banda della Magliana: in manette i rampolli di Enrico Nicoletti e Michele Senese

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Il blitz della Dia
Roma

Una mega operazione della Dia ha portato in carcere due figli d'arte della Banda della Magliana: in manette i rampolli di Enrico Nicoletti e Michele Senese, rispettivamente il cassiere e il camorissata della bandaccia. Due personaggi di primissimo livello del clan che ha terrorizzato Roma a cavallo tra gli anni '70 e '80.

Ma il blitz della Dia è stato imponente e ha portato alla cattura di 18 persone e al sequestro di beni per oltre 130 mln, tra cui anche tre società del settore cinematografico.

Il bliz all'alba

Tutto è scattato all'alba. Un'operazione durata più di un anno in cui gli investigatori hanno raccolto le prove e ricostruito il giro di malaffare che vedeva coinvolti anche noti clan malavitosi legati alla camorra. Al centro proprio le società cinematografiche che riciclavano i soldi delle piazze di spaccio e li trasformavano in produzioni e sponsorizzazioni di eventi legati ad artistiche facevano parte della scuderia. Soldi sporchi che venivano ripuliti come in una lavatrice attraverso le società: ma questo è solo uno dei rami dell'operaizone. Un classico sistema che però vedeva ai vertici proprio Antonio Nicoletti e Vincenzo Senese, due uomini con cognomi pesanti, eredi di una Banda della Magliana che nel tempo si è evoluta, passando dalle pistole alle banche.

Le accuse

Le accuse contestate, a vario titolo e a seconda delle posizioni, sono di associazione a delinquere con l'aggravante mafiosa, finalizzata a commettere reati di estorsione, usura, armi, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, autoriciclaggio e reimpiego in attività economiche di proventi illeciti, aggravati dalla finalità di aver agevolato i clan di camorra Mazzarella-D’Amico, delle cosche della ‘ndrangheta Mancuso e Mazzaferro e del clan Senese. 

Le prime indagini nel 2018

Nel corso dell’indagine, avviata nel 2018 dalla Direzione Investigativa Antimafia- Centro Operativo di Roma, con il coordinamento della Dda con il procuratore aggiunto Ilaria Calò, sono stati raccolti elementi su due associazioni per delinquere che attraverso una strategia di sommersione riciclavano ingenti profitti, infiltrando progressivamente attività imprenditoriali in apparenza legali in molteplici campi come la cinematografia, l'edilizia, la logistica, il commercio di auto e di idrocarburi. Sono state costituite così numerose società "fittizie" per emettere false fatturazioni grazie al supporto fornito, tra gli altri, da imprenditori e da liberi professionisti. 

Patto criminale

Accusati di essere al vertice della prima associazione, sulla quale si è focalizzata fin dall'inizio l'attività investigativa, sono Antonio Nicoletti, figlio di Enrico Nicoletti, e Pasquale Lombardi, insieme a soggetti come Salvatore D'Amico e il figlio Umberto, e Umberto Luongo. Secondo l’accusa, avvalendosi della partecipazione di numerosi soggetti appartenenti agli ambienti della criminalità autoctona romana e di matrice camorristica, sarebbe stata creata una complessa rete di società "cartiere" intestate a prestanome attraverso le quali riciclare ingentissime somme di denaro proveniente dai clan campani.

Il ruolo di Nicoletti jr

Antonio Nicoletti “godendo del potere criminale già ampiamente affermato dalle attività illecite e dalle cointeressenze mafiose del padre Enrico Nicoletti, rappresenta il punto di riferimento di dinamiche criminali qualificate sulla capitale”. È quanto scrive il gip di Roma nell’ordinanza che ha portato, dopo l’indagine della Dia e della Dda della capitale, a 18 misure, 16 in carcere e due agli arresti domiciliari, e a sequestri per oltre 130 milioni di euro. Tra gli arrestati ci sono anche Nicoletti, figlio dell’ex storico componente della Banda della Magliana, e Vincezo Senese, figlio del boss Michele.  Nell’ordinanza viene riportata una conversazione intercettata dopo una rissa. "Ahò fermatevi questo è il figlio di Nicoletti gli ha detto. Gli hanno chiesto scusa se lo sono abbracciati …”. 

Il figlio di Senese

Riguardo al figlio di Michele Senese, il giudice evidenza come funga “anche da garanzia per gli investimenti delle ’ndrine Morabito e Mancuso, e dal clan Rinaldi/Formicola nel commercio di idrocarburi. E’ presente agli incontri del vertice del sodalizio” dove “ vengono pianificate le illecite attività di interesse del sodalizio romano” .

Il produttore

In questo contesto è emersa la figura del produttore cinematografico Daniele Muscariello nella veste di fiduciario degli stessi clan e del manager musicale Angelo Calculli. La prosecuzione delle indagini ha documentato una convergenza di interessi di mafie storiche e nuove mafie, nel settore del commercio illecito degli idrocarburi. Gravemente indiziati quali capi e promotori sono Vincenzo Senese, figlio di Michele, Roberto Macori e Salvatore D’Amico. 

Le mani sugli idrocarburi

Le indagini hanno fatto emergere gravi indizi sull'esistenza di una struttura organizzata che attraverso numerose società cartiere, finanziate dai clan campani e calabresi, avrebbe acquisito il controllo di depositi fiscali di idrocarburi, funzionali alla realizzazione delle attività di riciclaggio. Insieme ai reati di natura economico-finanziaria, circostanziati anche dalle attività di accertamento fiscale delegate al Nucleo Pef della Guardia di Finanza di Roma, i componenti delle due organizzazioni sono risultati anche dediti alla commissione di una serie di delitti in qualche modo strumentali ai primi (delitti di estorsione e usura) tanto per regolare partite di dare e avere tra loro o con terzi quanto per legare a sé gli imprenditori indispensabili per alimentare l'illecito profitto. 

La riserva di violenza

In questo ambito, è emersa la riserva di violenza delle due associazioni, sia per la forza di intimidazione derivante dagli stretti legami con le organizzazioni criminali mafiose che per l'immediata disponibilità di armi da guerra e comuni da sparo.II gip accogliendo la richiesta della Dda di Roma ha disposto il sequestro preventivo ai fini della confisca di tre società attive nel settore cinematografico e il sequestro di oltre 130 milioni di euro nei confronti di 57 indagati.

 

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