L'Italia è il Paese della mediocrità: dall'economia alle istituzioni regna la stagnazione e il declino
L'economista indignato. Il professor Alberto Frau analizza il rapporto Censis: “In 20 anni il Pil è cresciuto del 3% e il reddito delle famiglie è calato del 7%”
Il Rapporto Censis, consueto documento annuale pubblicato dal Centro Studi Investimenti Sociali giunto alla edizione n° 58 raffigura anche per quest’anno lo stato sociale, economico e culturale del nostro Paese, analizzandone i cambiamenti e le principali tendenze. L’Italia del 2024 si presenta come un Paese intrappolato in una spirale di mediocrità, incapace di affrontare le proprie debolezze strutturali e di imboccare una strada di rinnovamento.
Le contraddizioni che la attraversano si riflettono in ambiti economici, sociali, culturali e istituzionali, delineando un quadro di stagnazione e declino.
L'economia della mediocrità
La performance economica italiana degli ultimi due decenni rappresenta un monito di immobilismo. Tra il 2003 e il 2023, il PIL pro-capite è cresciuto di appena il +3%, una cifra misera che palesa il fallimento di politiche strutturali e riforme economiche. Il reddito disponibile delle famiglie è addirittura diminuito del 7% in termini reali nello stesso periodo, testimoniando una perdita progressiva di potere d’acquisto e una compressione del benessere economico. Nonostante un apparente miglioramento del mercato del lavoro (+4,6% degli occupati rispetto al 2007), la produttività non è cresciuta in modo significativo, lasciando spazio al sospetto che il mercato sia alimentato da una "bolla occupazionale", priva di reali fondamenta economiche.
Le esportazioni, tipico pilastro dell'economia italiana, hanno subito una battuta d'arresto, con una flessione dello 0,6% nel 2024 rispetto all'anno precedente. L'industria manifatturiera è in piena crisi: tra il 2019 e il 2023 la produzione è diminuita dell’1,2%, con settori chiave come il tessile e il legno che hanno registrato rispettivamente un crollo del 20,5% e del 15,8%. Al contempo, il turismo ha registrato una crescita robusta (+18,7% di presenze nel decennio), sebbene il fenomeno del cosiddetto "overtourism" (come segnalato in un precedente articolo) stia soffocando città d’arte come Roma e Venezia, senza apportare benefici strutturali all’economia locale.
Un welfare che discrimina
La crisi del welfare pubblico è uno dei segnali più evidenti del declino italiano. La spesa sanitaria privata è aumentata del 23% negli ultimi dieci anni, mentre il sistema sanitario nazionale fatica a garantire prestazioni di qualità: il 62% degli italiani ha dovuto rinviare esami diagnostici per le lunghe liste d’attesa, e il 54% ha fatto ricorso ai propri risparmi per pagare cure private. Questa situazione non solo mina il diritto alla salute, ma accentua le disuguaglianze sociali, con il ceto medio ormai escluso da un sistema che avrebbe dovuto proteggerlo.
Anche il sistema previdenziale non offre alcuna prospettiva di sicurezza: il 75% degli italiani teme di non avere una pensione adeguata, una percentuale che sale all’89% tra i giovani. La non autosufficienza, che coinvolge già 3 milioni di persone, rischia di diventare una bomba sociale nei prossimi decenni, con un welfare sempre più incapace di sostenere i costi crescenti di una popolazione in rapido invecchiamento.
La "fabbrica degli ignoranti"
L’istruzione italiana vive un drammatico arretramento, rendendo evidente il fallimento delle politiche educative. Alla fine del ciclo scolastico, quasi il 50% degli studenti non raggiunge competenze minime in matematica e italiano, con picchi negativi negli istituti professionali. Inoltre, ampie fasce della popolazione adulta dimostrano una sorprendente ignoranza su eventi storici, figure culturali e nozioni di base: ad esempio, il 41% degli italiani crede erroneamente che Gabriele D’Annunzio sia l’autore de L’infinito, e il 55% non sa chi destituì Mussolini nel 1943.
Questa ignoranza diffusa mina non solo la crescita culturale, ma anche la qualità della partecipazione democratica: un elettorato incapace di decodificare le proposte politiche è vulnerabile alla manipolazione e all’ascesa di populismi privi di sostanza.
Crisi identitaria e sociale
La società italiana è sempre più frammentata, divisa da conflitti identitari e da una crescente diffidenza verso le istituzioni democratiche. Il tasso di astensione elettorale ha raggiunto il 51,7% nel 2024, un record storico che segnala una sfiducia generalizzata nella politica. L’84% degli italiani ritiene che i politici pensino solo ai propri interessi e il 68% considera le democrazie liberali occidentali ormai obsolete.
Il crollo delle grandi matrici valoriali del passato (europeismo, atlantismo, partecipazione democratica) è stato sostituito da una pericolosa "deriva identitaria". Il 57% degli italiani si sente minacciato da chi propone stili di vita diversi da quelli tradizionali, il 38% vede i migranti come un pericolo e il 29% considera nemici coloro che sostengono modelli familiari alternativi. Questa frammentazione alimenta un clima di sfiducia e ostilità, aggravato dalla debolezza del ceto medio, che un tempo neutralizzava le tensioni sociali con la propria solidità.
Denatalità e declino demografico
Il crollo delle nascite è una delle sfide più gravi per il futuro del Paese. Con una diminuzione del 34% delle nascite rispetto al 2008 e una popolazione sempre più anziana, l’Italia si avvia verso un rapido declino demografico. La ricchezza privata, concentrata nelle mani delle generazioni più anziane, rischia di diventare un’eredità sterile per i giovani, i quali, invece di investire su sé stessi e sul futuro, potrebbero assumere il ruolo passivo di "rentier".
La bolla della sicurezza
Nonostante un calo complessivo dei reati negli ultimi dieci anni (-32% per gli omicidi, -41% per i furti in casa), il senso di insicurezza è in aumento. Questo ha alimentato un florido mercato della sicurezza privata, con un fatturato di 4,5 MLD/€ e un numero crescente di cittadini armati (1,7 milioni di persone possiedono almeno un’arma da fuoco). Il 43% degli italiani ritiene legittimo sparare a un intruso, un dato che rivela un clima di sfiducia verso le istituzioni e una tendenza alla giustizia privata.
Il paradosso dell'immobilismo
In un mondo scosso da cambiamenti epocali, l’Italia rimane intrappolata nella propria mediocrità. La sua economia non registra picchi né crolli significativi, ma si limita a oscillare intorno a una linea di galleggiamento. Questa apparente stabilità nasconde, però, un declino progressivo, reso evidente dalla stagnazione del PIL, dalla crisi identitaria, dall’arretramento culturale e dall’inefficienza del welfare.
Conclusione
L’Italia del 2024 non è una Nazione in caduta libera, ma nemmeno una che riesce a rialzarsi con vigore. È un Paese fermo, sospeso tra l’incapacità di affrontare i propri limiti e la mancanza di una visione per il futuro. Senza un cambio di passo radicale, rischia di diventare irrilevante, non solo sul piano internazionale ma anche nella percezione dei suoi stessi cittadini. L’immobilismo italiano è il vero nemico da combattere, un veleno lento che mina ogni possibilità di rinascita.
Alberto Frau è professore di Economia e gestione aziendale - Revisore legale e analista indipendente - Scrittore e saggista. Ricercatore universitario nell'Università di Roma "Foro Italico" è altresì professore a contratto in differenti master post laurea presso la Luiss Business School.
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