Regione Lazio, la legge elettorale è una follia. Proclamazioni in alto mare

La nuova maggioranza deve mettere subito mano alla legge elettorale distorsiva della rappresentanza. Dopo più di 10 giorni dal voto è ancora caos

di Donato Robilotta
Roma

Elezioni Lazio, a quasi due settimane di distanza dalla chiusura delle urne la Corte d'Appello di Roma non ha ancora proclamato gli eletti. Complice una legge elettorale farraginosa e romanocentrica e le solite lungaggini di alcune sezioni di Roma, l'esito del voto è ancora congelato. E proprio la legge elettorale è una delle materie urgenti sulle quali la nuova maggioranza di Rocca dovrà cimentarsi.

Perché la legge elettorale in vigore è una specie di Rosatellum che fa andare i seggi da una parte all’altra come la pallina di un flipper. È la legge regionale 3 Novembre 2017 n. 10, che ha modificato la legge elettorale del 2005 che portò al voto la Regione subito dopo l’approvazione del nuovo Statuto.La norma del 2017 cancellò il listino, la lista regionale bloccata che rappresentava il premio di maggioranza, spalmando il premio del venti per cento sulla coalizione vincente. Cancellando il così detto listino, che garantiva la rappresentanza di tutte le Province, si pose il giusto obiettivo di garantire una rappresentanza a tutti i territori, compreso Rieti.

La norma scritta dal Pd per avvantaggiare il partito più forte della coalizione

Il Pd, che aveva la maggioranza, dietro il nobile disegno della garanzia di tutti i territori scrisse la norma in modo tale da avvantaggiare il partito più forte della coalizione, perché di fatto la norma funziona da idrovora nei confronti dei partiti piccoli della coalizione vincente.

La ripartizione follia del 2018

Nelle elezioni regionali del 2018, siccome nessuno dei 10 seggi del premio di maggioranza veniva assegnato alla provincia di Rieti, Latina e Viterbo, vennero tolti tre seggi ai partiti minori della colazione che sosteneva Zingaretti, 1 ciascuno a Demos, +Europa e Leu, in quanto seggi con i resti più bassi della coalizione, e assegnati in quelle circoscrizioni provinciali al Pd, in quanto quozienti più alti. Così alla fine per garantire la rappresentanza di tutti i territori viene dato al Pd un super premio di maggioranza, perché dei 10 seggi del premio di maggioranza su cinquanta consiglieri spettanti alla Regione, 9 vengono assegnati al PD e 1 alla lista Zingaretti.

La norma del 2017 divide in due la ripartizione dei seggi

La norma del 2017 divide in due parti la ripartizione dei seggi spettanti alla Regione. La prima parte prevede la ripartizione di 40 seggi con un meccanismo proporzionale corretto e con il collegio unico regionale, che serve per recuperare i resti. Prevede inoltre che la maggioranza vincente non possa avere più di 30 seggi, il 60% del Consiglio. La seconda parte è rappresentata dal premio di maggioranza di dieci consiglieri che viene spalmato sui partiti della coalizione vincente, in un numero tale da non superare i 30 seggi.

L’effetto distorsivo della norma è causato dal fatto che nella garanzia della rappresentanza delle province non si tiene conto della ripartizione dei primi 40 seggi ma sollo di quelli del premio di maggioranza. Inoltre i seggi che vengono assegnati ai resti più alti nelle province non vengono tolti ai resti più bassi dello stesso partito ma ai resti più bassi di tutte le liste della coalizione. Cosa che provoca l’effetto idrovora da parte del partito più forte della coalizione rispetto ai partiti più piccoli.

L'idea originale è made in Toscana

Credo che la Regione Lazio nel 2017 abbia preso spunto dalla norma della legge regionale Toscana del 2014 che, dopo la riduzione dei consiglieri regionali da 50 a 40, avendo un territorio regionale suddiviso in 10 province si pose il problema della loro rappresentanza.

E infatti l’articolo 23 della legge toscana 51/2014 garantisce l’assegnazione di almeno un seggio a tutte le province ma la norma tiene conto di tutti i seggi assegnati sul territorio, non solo di una parte, e l’assegnazione di un seggio in altra provincia avviene a carico dello stesso partito che guadagna il seggio.In questo modo la Toscana garantisce la rappresentanza territoriale in maniera corretta e non intacca la rappresentanza politica dei partiti.

Ridotto il premio di maggioranza

Nelle elezioni regionali del Lazio di quest’anno è successa la stessa cosa del 2018. Il centrodestra vince con un largo margine tanto che sulla parte proporzionale dei 40 seggi ne conquista 23, il centro sinistra 13 e la coalizione del Movimento Cinque Stelle 4. Il centrodestra non potendo superare il numero di trenta consiglieri prende solo una parte del premio di maggioranza, sette su dieci, gli altri tre vanno alle opposizioni.

Nessuno di questi seggi va a Frosinone, Rieti e Latina per cui vengono presi tre seggi su Roma, uno ciascuno a FI, Lega e lista civica Rocca, in quanto minor resti della coalizione che ha vinto, e assegnati alle tre Province alla lista che ha il maggior resto corrispondente al partito più forte della coalizione. Non solo ma ironia della sorte a Rieti invece che un seggio ne scattano due. Per carità bene per Rieti ma è evidente la distorsione che provoca una norma sbagliata che altera la rappresentanza politica.

Mi preme sottolineare, avendo gestito da assessore delegato il procedimento elettorale del 2005, che il ministero dell’Interno gestisce solo i numeri e ripartisce i seggi in base al meccanismo previsto dalla legge. Se il procedimento elettorale previsto dalla norma produce delle distorsioni, come in questo caso, non può farci niente.

La convenzione tra Regione e ministero degli Interni

È bene sapere che la competenza del procedimento elettorale è in capo alla Regione che dovrebbe anche gestirlo. Siccome non si è attrezzata a farlo, come altre regioni fanno, chiede al Ministero dell’interno, tramite il Prefetto di Roma, di gestirle in avvalimento e al tal fine sottoscrive una apposita convenzione.C’è anche un altro effetto distorsivo che provoca la legge del 2017. La cancellazione del listino e la mancata armonizzazione del resto della legge a questa modifica fa si che i candidati alla Presidenza della Regione abbiano a disposizione un budget di spesa inferiore a quello di un candidato consigliere regionale della circoscrizione di Roma. Una legge obbrobrio che prima viene modificata meglio è.

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