Cristiano Ronaldo, il triste destino: gestacci e falli nell'esilio dorato

Cr7 non è più lo stesso da quando è approdato in Arabia Saudita. Nell'ultima partita prima ha cercato di azzoppare un calciatore, poi ha mostrato i genitali

di Marco Scotti
Cristiano Ronaldo
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Ronaldo, il declino triste della stella più lucente del calcio


 

A vederlo così, viene quasi da provare tenerezza. Cristiano Ronaldo è stato il cannibale più implacabile del calcio contemporaneo, il più grande goleador di tutti i tempi (non ce ne voglia Pelè ma il conteggio ufficiale dà ragione al portoghese) e ha un palmares lungo così, tra cui spiccano i cinque palloni d’oro e le cinque Champions League. In inverno, dopo dei Mondiali vissuti da comprimario – a loro volta preceduti da una stagione al Manchester United che definire deludente sarebbe ben più che eufemismo – ha deciso di traslocare in Arabia Saudita per incassare 200 milioni in tre anni.

Tanti? Pochi? Sicuramente tombali, per una carriera leggendaria che si è chiusa in modo poco glorioso. Sì, perché l’Al Nassr, al di là delle dichiarazioni di facciata, è poco più che un giocattolo per far divertire gli emiri sauditi. I quali, seduti su un’infinità di petrodollari, possono comprarsi qualsiasi cosa bella e poi seppellirla. È il caso, lo ricorderete, del Salvator Mundi di Leonardo Da Vinci, acquistato per 500 milioni con la promessa di allestire un polo museale degno di cotanto capolavoro e poi lasciato ad ammuffire nella soffitta di qualche riccone.

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Lo stesso sta capitando a Cristiano Ronaldo che, al di là dei soldi, si sta distinguendo più per i gesti inconsulti che per le perle calcistiche. Il dualismo con Lionel Messi, che proprio alla fine del 2022 ha coronato il suo sogno di gloria più grande, vincendo i Campionati del Mondo in Qatar, è stato archiviato con poca gloria. Le grandi sfide del passato, da Mohammed Alì contro Joe Frazier a Eddy Merckx contro Felice Gimondi sono state tali perché a entrambi è stato sempre garantito l’onore delle armi.

Invece Ronaldo no, è scappato dalla porta di servizio. E ora dà in escandescenze in stadi deserti (in tutti i sensi) dove per farlo innervosire i tifosi usano l’arma più vecchia: il coro a favore di Messi. E il campione portoghese, invece che abbozzare, esce di testa e si lancia in gesti volgari e inutili, strizzandosi le pudenda all’uscita dal campo di gioco come un monito ai suoi detrattori. “Yo soy aquì” gridava un tempo dopo i gol. Oggi si limita a esternare la sua virilità tossica. E per farsi rispettare, ora che lo scatto si è appannato e gli avversari sono infimi, cerca di usare le maniere brutali, cinturando con una mossa di wrestling un malcapitato calciatore della squadra opposta.

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È triste Ronaldo, e la sua leggenda si appanna. Sapere come e quando ritirarsi è parte integrante della grandezza di uno sportivo. L’ha capito Marco van Basten che, ostaggio della sua caviglia ballerina, appese gli scarpini al chiodo a 29 anni, quando era ancora uno dei più straordinari talenti, immalenconendo forse per sempre i tifosi milanisti. L’ha capito Michel Platini, che salutò la Juventus all’apice della sua carriera. Cristiano Ronaldo no, non se n’è andato in tempo. Ed è ora una maschera triste che si aggira per i campi da gioco. Tanto che il suo nome rimbalza con diversi fatti di gossip, chiacchiericci di basso livello per chi è stato abituato a vincere tutto e a sentire il suo nome scandito dai tifosi estatici. Che tristezza.  

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