Del Piero, 50 anni di gloria e cadute: la leggenda di un campione che ha attraversato inferno e paradiso
Alessandro Del Piero non è solo un campione; è un simbolo, una storia di resilienza e amore per il gioco
Del Piero, 50 anni di gloria e cadute
Alessandro Del Piero compie oggi 50 anni. Un compleanno tondo, come i palloni che ha calciato migliaia di volte, con quel destro letale capace di far sognare una generazione. Eppure, parlare di Del Piero non è solo celebrare i gol o le coppe. No, parlare di Del Piero significa percorrere una strada irta di gloria, ma anche di inciampi clamorosi e risalite epiche. Una parabola di ascesa, caduta e rinascita che appartiene ai grandi del calcio, ma che “Pinturicchio” ha interpretato a modo suo, sempre con la stessa maglia, quella della Juventus.
Il Del Piero giovane, quello del numero 10 sulla schiena, incantava con dribbling e punizioni a giro che finivano dritte nell’incrocio. Il tiro "alla Del Piero" diventa epitome con noi - ragazzini - che tentavamo inutilmente di emularlo. Era un artista del pallone, un’icona che trasudava un amore per la maglia quasi religioso. Le sue prodezze trascendevano lo stadio, diventavano l’orgoglio di una nazione intera. Chi può dimenticare quella Champions League del ’96? La Juve in cima all’Europa e Del Piero protagonista di una notte magica. E poi la Coppa Intercontinentale a Tokyo e la Vecchia Signora sul tetto del mondo. La storia, però, come sempre, ha due facce.
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Arriva l’infortunio. Anno 1998: ginocchio distrutto, dolore, lacrime. Il talento che sembrava destinato a dominare il calcio europeo si ritrova in un limbo. Quanti avrebbero gettato la spugna? E invece lui no. Del Piero combatte, giorno dopo giorno, con la stessa determinazione che metteva in campo. Torna, ma il ritorno è amaro: un giocatore non più lo stesso, più lento, più pesante, dicono i critici. E così il numero 10 juventino, che pareva inarrestabile, diventa oggetto di scherno, quasi una caricatura. Ma forse era solo il preludio a una rinascita. Arriveranno altre vittorie, altri scudetti. La morte del papà e l'esultanza rabbiosa contro il Bari fanno da contraltare ad altri trofei messi in bacheca. Poi, di nuovo, il buio.
La Juve scivola nel pantano di Calciopoli nel 2006, la Serie B, un’umiliazione che avrebbe allontanato qualsiasi campione. E invece è qui che Del Piero dimostra la sua stoffa. Scende di categoria e resta, fedele a quel bianco e nero che rappresenta l’anima di una vita. In Serie B, il suo talento appare perfino fuori luogo: è un re in esilio, che però non perde mai il suo regno. Porta la Juve di nuovo in A, scrivendo una delle pagine più incredibili del calcio italiano.
Con gli anni, Del Piero si trasforma. Non è più quel ragazzo scattante e sfacciato degli esordi, ma diventa un leader silenzioso, una bandiera che incarna la rinascita della Vecchia Signora. La riprova è lo stadio Bernabeu di Madrid che in una notte di 16 anni fa si alza in piedi per tributare gli onori all'autore di una doppietta epica. Gli ultimi gol in maglia bianconera, la rovesciata contro il Cesena e le lacrime al saluto finale allo Juventus Stadium.
Quel giorno, l’Italia intera si è commossa, riconoscendo in lui il campione che ha saputo rialzarsi, più volte, come solo i grandi sanno fare. Il trattamento indecoroso riservatogli dalla famiglia Agnelli che lo "licenzia" in conferenza stampa annunciando che il suo contratto non sarà più rinnovato. Ma la voglia di giocare c'è ancora: e quindi via, verso nuovi lidi. In Australia, a Sydney, per provare a fare l'eroe dei due mondi.
E ora, a 50 anni, cosa resta di Del Piero? Resta una leggenda, certo, ma resta anche la lezione di un campione che ha saputo attraversare l’inferno e tornare indietro con la stessa umiltà che aveva da ragazzino. Perché alla fine, forse, il segreto di Del Piero è proprio questo: non aver mai smesso di essere quel giovane calciatore che amava il calcio e che, con o senza trofei, sarebbe comunque sceso in campo.
E chissà, forse ogni tanto gli capita ancora di rivedere quei vecchi filmati, magari sorridendo di fronte a quel ragazzo col numero 10. Sì, perché Alessandro Del Piero non è solo un campione; è un simbolo, una storia di resilienza e amore per il gioco. Perché il calcio, come la vita, è fatto di cadute, ma ciò che conta è sempre la voglia di rialzarsi.