Consip, è Scafarto la gola profonda del Fatto? Travaglio e Lillo dicano tutto
Il Fatto ha ricevuto la classica polpetta avvelenata. Ed è stato lo strumento di una oscura operazione politica contro Matteo Renzi
Adesso i giornali vanno a rimorchio della politica e scoprono le porcherie investigative e le polpette avvelenate dell'indagine Consip, Calabresi e Bonini di Repubblica in testa. Non è bello citarsi, ma ecco che cosa avevamo scritto mesi fa su Affaritaliani.it, quando già era tutto chiaro, ma la politica (e i giornali al seguito) tacevano omertosi
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E' dunque il capitano del Noe Gianpaolo Scafarto la fonte di Marco Lillo e del Fatto e non il Pm Henry John Woodcock e la sua compagna Federica Sciarelli?
Parrebbe proprio di sì, stando alla testimonianza del pirotecnico Pm napoletano ai colleghi di Roma che lo hanno messo sotto accusa, in un lungo interrogatorio, come viene riassunto stamane nel resoconto proprio del Fatto. Niente nomi, ma un racconto indiziario che porta proprio all'impomatato ufficiale dell'Arma.
Scafarto dunque, del Noe dei carabinieri, titolare, delle indagini, e' la gola profonda di Marco Lillo. Lo stesso graduato dei carabinieri braccio operativo di Woodcock che aveva falsificato le intercettazioni tirando in ballo il padre di Matteo Renzi ed e' finito sotto inchiesta venendo infine e ovviamente espropriato delle indagini.
Ma allora se le cose stanno così e' evidente che Scafarto prima manomettendo le intercettazioni e poi la sera del 20 col pissi pissi a Marco Lillo aveva certamente l'obiettivo di colpire Matteo Renzi. E infatti il giorno dopo e nei giorni seguenti il Fatto, com'era prevedibile, inizio' a scrivere sul giornale e a raccontare in tv, anche attraverso gli attacchi del suo direttore Travaglio, tutti i particolari inediti dell'inchiesta Consip facendo i nomi dei pesci grossi coinvolti. Mentre Woodcock nelle stesse ore provvedeva a iscrivere sul registro degli indagati quei nomi eccellenti, dal ministro Lotti al comandante dei carabinieri Del Sette.
Si capisce dunque, se le cose sono andate così, che il Fatto ha ricevuto la classica polpetta avvelenata. Ed e' stato lo strumento di una oscura operazione politica contro Matteo Renzi.
Che cosa e chi abbiano spinto Scafarto a costruire questa messinscena non si sa. Certo non e' pensabile che sia solo farina del suo sacco. Un capitano dei carabinieri non ha alcun interesse a colpire il capo del governo. E' evidente che Scafarto e' un pesce piccolo, una pedina in mano a dei mandanti che non possono che essere politici con forti agganci nei vertici degli apparati di sicurezza dello Stato.
Bisogna dunque indagare per scoprire tutti i contorni di una vicenda preoccupante. E forse proprio i giornalisti del Fatto Marco Travaglio e Marco Lillo possono spiegare, in nome della trasparenza e privilegiando il bene superiore della verità e dell'interesse generale dello Stato, che cosa e' accaduto davvero. Con nomi, cognomi e circostanze. Sarebbe una svolta liberatoria altamente etica e deontologica, rispetto al piccolo calcolo di bottega del proprio ritorno giornalistico. Perche' in Italia il connubio magistratura giornalismo condiziona la politica da decenni. E gia' piu' di una volta ha colpito il vertice delle istituzioni, facendo gridare al golpe (vedi nel'94 l'invito a comparire del pool Mani Pulite di Milano all'allora premier Silvio Berlusconi, costretto a dimettersi e poi assolto, recapitatogli quando era impegnato in un vertice internazionale sulla criminalità attraverso un articolo del Corriere della Sera).
Travaglio, Lillo, siete stati usati. Ora tocca a voi togliervi questo peso dalla coscienza e raccontare tutto liberandovi della polpetta avvelenata. Sarebbe davvero il più bello e nobile scoop della vostra vita. Tutto il Paese vi sarebbe grato. E vendereste anche un sacco di copie. Titolo: "Caso Consip tra Fatto e Scafarto: ecco la verità".