L'avvocato del cuore

Comunione dei beni, conto corrente e eredità: cosa fare in caso di separazione

di Avv. Federica Mendola

Buongiorno Avvocato, io e mio marito ci siamo sposati in separazione dei beni, ma siamo cointestatari di un conto in banca. Al momento dell’apertura, io ho trasferito su questo conto i soldi che avevo ricevuto in eredità da mia nonna e che avevo su un conto personale. Lui non ha mai versato nulla, nemmeno un euro. Ora ci stiamo separando e lui pretende la metà del saldo. Cosa posso fare? Il giudice della separazione può aiutarmi? Grazie, Giulia.”

Cara Giulia,

dobbiamo distinguere i diritti che ha dalle sedi nelle quali può farli valere.

Con riferimento alla prima questione, richiamiamo la disciplina generale dei rapporti interni tra i titolari di un conto corrente cointestato. La norma che La riguarda è quella del secondo comma dell’art. 1298 del codice civile: “Le parti di ciascuno si presumono uguali, se non risulta diversamente.”

Dunque, la regola generale è la presunzione di contitolarità delle somme depositate sul conto cointestato e, quindi, l’uguaglianza delle quote di ciascuno.

Con l’espressione “se non risulta diversamente” il legislatore ha voluto però introdurre una deroga alla regola della comproprietà tra cointestatari. Deroga che ricorre quando risulta che il conto corrente cointestato è stato alimentato solo e/o in via prevalente da uno dei correntisti.

In queste ipotesi, la comproprietà della giacenza sul conto corrente cointestato è esclusa. Esattamente come nel Suo caso.

Questo principio di legge è stato pacificamente applicato dalla giurisprudenza.

La Corte di Cassazione, a gennaio 2018, ha ribadito che “nel conto corrente bancario intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti sono regolati dall'art. 1298, comma 2, c.c. in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, solo se non risulti diversamente; ne consegue che, ove il saldo attivo derivi dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, si deve escludere che l'altro possa, nel rapporto interno, avanzare pretese sul saldo medesimo” (Cass. n. 77 del 2018).

Si tratta di un principio più volte richiamato anche dalla giurisprudenza di merito (Trib. Monza, 01.04.2015 e Trib. Bari 24.03.2014).

È una regola, questa, che vale anche nel caso i contitolari del conto siano sposati.

E, infatti, nell’ipotesi di cointestatari-coniugi in regime di separazione dei beni alla disciplina dell’art. 1298 c.c. si aggiunge quella prevista dall’art. 219 c.c., secondo la quale ciascun coniuge può provare con ogni mezzo la proprietà esclusiva di un bene.

La deroga generale prevista per i correntisti è stata addirittura applicata dalla giurisprudenza in un caso di cointestatari-coniugi in comunione dei beni: “I coniugi, coniugati in regime di comunione legale dei beni, al momento della separazione personale, devono ripartirsi nella misura pari alla metà la somma rinveniente sul conto corrente cointestato e costituito in costanza di matrimonio. A tale regola fa eccezione il caso in cui uno dei due coniugi riesca a dimostrare che il denaro sul conto corrente sia il frutto del proprio lavoro e che l'intestazione è fittizia e realizzata solo al fine di garantire all'altro una disponibilità economica per il ménage familiare.” (Cass. n. 18869 del 2018).

Quindi, Cara Giulia, applicando le regole e i principi fin qui spiegati al Suo caso, è evidente che, se riuscirà a dimostrare di aver alimentato in via esclusiva il conto cointestato, dovrà essere riconosciuta la sola “proprietaria” dell’intera giacenza.

Le devo però precisare che non potrà far valere questo Suo diritto in sede di separazione.

Con riferimento infatti alla seconda questione, chiarisco che il Giudice della separazione non può risolvere qualsiasi questione nascente o connessa al matrimonio. La competenza di questo giudice, infatti, è concentrata su specifiche questioni, quali il riconoscimento o meno di un assegno a favore del coniuge economicamente più debole e l’affidamento, collocamento e mantenimento dei figli minori, con connessa assegnazione della casa coniugale e disciplina del diritto di visita del genitore non collocatario.

Eventuali domande di restituzione di beni o somme di denaro, proposte nel giudizio di separazione, saranno quindi dichiarate inammissibili perché, pur riguardando le stesse persone, sono regolate da procedure e riti diversi da quello “speciale” della separazione. Questa esclusione opera anche nel giudizio di divorzio.

Nulla vieta, invece, a Lei e Suo marito di raggiungere un accordo di separazione “complessivo” e comprensivo sia delle questioni strettamente legate alla separazione sia di quelle economiche connesse ma distinte. La libertà e autonomia negoziale delle parti infatti incontra il solo limite dell’impossibilità di disporre di diritti indisponibili, ma non è il Suo caso.

In bocca al lupo!

*studio legale Bernardini de Pace