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Cose Nostre
Governo a rischio, nel M5S è l'ora della responsabilità e rispetto dei Patti

Di Battista, Fico e i fichini, Grillo, Paragone, Lannutti, De Falco e...
Le divisioni e fibrillazioni interne del Movimento Cinquestelle stanno diventando una mina vagante politica e una seria minaccia quotidiana alla stabilità del governo Conte.
Luigi di Maio, generale lucido e combattivo,  ha il suo bel daffare a tenere a bada il suo esercito e ferma la barra di navigazione. Il suo equipaggio non è tutto compatto al seguito: troppi solisti indulgono troppo spesso all’improvvisazione, troppi assolo stonano, violando i tempi e lo spartito dell’orchestra, producendo stonature e cacofonie.
Di Battista dopo il suo ritorno light parla di tutto e di più ad ogni piè sospinto. Bacchetta ogni tre per due l’alleato leghista, innova da solo la politica estera governativa producendosi a tutto campo da Maduro all’Africa francofona, imperversa sui social e in tv senza peraltro avere alcuna carica politica e nessuna responsabilità.
Fico, che di carica e responsabilità ne ha fin troppa essendo presidente della Camera (coi voti determinanti della Lega, che all’epoca non gli hanno fatto schifo), non manca occasione per distinguersi e differenziarsi dalle politiche dell’alleato leghista e dal Contratto di governo, in particolare sui temi della sicurezza e dell’immigrazione, riecheggiando le tesi d’opposizione di Rifondazione comunista, da cui proviene e a cui è sostanzialmente rimasto, incurante del Cambiamento in cui lui e il Movimento si sono prodotti andando al governo in partnership con la destra salviniana.
Grillo, che peraltro ha saggiamente rarefatto i suoi interventi tornando al suo lavoro di artista, rimane tuttavia fedele al suo cliché di Elevato e si riserva il diritto di intervento e replica su tutti e su tutto.
E dietro a questi big si sentono autorizzati a far di testa propria piccole correnti di peones e cani sciolti (vedasi la fichina Nugnes, ma non solo) che ogni giorno, mossi da qualche nostalgia del tempo dei vaffa o da qualche risentimento carrieristico, non disdegnano di farsi usare dai giornaloni, ben felici di dare ospitalità e visibilità a chiunque sia disponibile a mettere il bastone tra le ruote all’odiato governo Conte-Di Maio-Salvini.
Il risultato è la fibrillazione quotidiana del quadro politico, con un esecutivo che appare sempre sull’orlo di una crisi, certamente di nervi. Anche perché i leghisti, cui invece si deve riconoscere lealtà al patto coi Cinquestelle, un più solido spirito di squadra e una più forte disciplina interna, vengono esposti tutti i giorni alla tentazione di replicare piccati al fuoco amico proveniente dai pentastellati. Col rischio di mandare tutto a gambe all’aria, che per il Paese significa il vuoto e il caos.
Pesano su questo fiume carsico centrifugo pesanti narcisismi e giochi di potere e posizionamenti personali, che andrebbero individuati e tenuti sotto controllo.
Nessuno ha obbligato il Movimento fondato da Grillo ad andare al governo Al contrario è stato proprio  il Movimento, primo partito italiano, a proporsi come partner di governo  e alleato  alla Lega, sulla base di un contratto elaborato e condiviso, figlio di una sintesi dei due programmi.
Governare, se non si è da soli e se si è accettato di condividere la responsabilità con un partner il cui apporto  numerico e politico è determinante, implica delle scelte, delle rinunce, molta pazienza e lealtà  e molta temperanza.
Insieme all’azione illuminata di integrazione e amalgama di personalità interne serie e rigorose (e nei Cinquestelle ve ne sono, dal leader Di Maio ai ministri Bonafede e Toninelli) capaci di richiamare i solisti e gli anarchici chiacchieroni al rispetto degli accordi e alle responsabilità e agli impegni solennemente e pubblicamente assunti. Verso gli italiani tutti e non solo verso i propri elettori.
Diversamente il governo Conte e il progetto di Cambiamento di cui, pur tra mille difficoltà, si è fatto portatore, sostenuto, nonostante il bailamme quotidiano, dalla maggioranza degli italiani, finirà nella spazzatura.
E a trarne profitto saranno in molti, ma non certamente i Cinquestelle.

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