Lo sguardo libero

La forza della democrazia, domenica la Turchia potrebbe liberarsi di Erdogan

Di Ernesto Vergani

L’autocrate turco è al potere dal 2003

L’auspicio è che arrivi presto anche la fine del regime di Vladimir Putin

Piegata dalla crisi economia e dall’ultimo terremoto, domenica la Turchia, dove si terranno le elezioni presidenziali e politiche, potrebbe tornare a essere un Paese pienamente democratico. I sondaggi danno vittorioso Kemal Kiliçdaroglu. Questi, di umili origini, ha messo insieme un’alleanza che va dai nazionalisti ai liberali ai socialdemocratici per porre fine all’autocrazia di Recep Tayyip Erdogan, al potere dal 2003.

Sopravvissuto a minacce e pestaggi, Kiliçdaroglu ha promesso che avrà come priorità la condizione economica dei turchi, andrà a vivere in una dimora di Stato non sfarzosa, chiederà agli oligarchi di restituire i soldi sottratti alle casse pubbliche (tratto comune delle autocrazie, il capo e i suoi sodali che si arricchiscono… secondo alcune stime il patrimonio di Vladimir Putin ammonterebbe a 125 miliardi di dollari); ridarà credibilità alla Turchia, Paese fondamentale della Nato, di cui esprime il secondo esercito per numero di soldati.

Se il risultato sarò confermato, si tratterà di un piccolo miracolo. Oggi, tra controllo della comunicazione e limitazione delle libertà,  tra interessi e nodi mondiali strettamente interconnessi (dalle materie prime all’energia ai migranti), tra concessioni, do ut des e realpolitik, le autocrazie – a partire dalla Russia di Putin (che passerà alla storia degli ultimi 200 anni per essere stato secondo nel male solo dietro a Hitler) di fatto al potere ininterrottamente della Russia dal 2008 - sono per molti versi peggio dei regimi dittatoriali, come la Cina, che sono organizzazioni complesse e a loro modo meritocratici. Come dice il gran lombardo ne “I promessi sposi” (“Gli uomini, generalmente parlando, quando l'indegnazione non si possa sfogare senza grave pericolo, non solo dimostran meno, o tengono affatto in sé quella che sentono, ma ne senton meno in effetto”) – e come del resto insegna la storia italiana - a convivere col potere senza ribellarsi, si finisce per non indignarsi. Gli uomini fortunati sono coloro che vivono in democrazia. Tra gli sfortunati, in un certo senso, meglio un cinese che un russo, se il primo non ha una coscienza democratica, il secondo la ha rimossa.