Lo sguardo libero

Violenze neofasciste? Si discuta di ebraismo e meritocrazia

L'OPINIONE di Ernesto Vergani

Dopo oltre 70 anni dalla nascita della Repubblica ancora serve riconciliazione nazionale

La difficoltà di spiegare il caos a livello politico che sta vivendo l’Italia, con manifestazioni di piazza (pare) di matrice neofascista e il ritorno di un forte sentimento antifascista - mentre ci sarebbe bisogno di riconciliazione nazionale dopo oltre 70 anni dalla nascita della Repubblica e 50 da quelli in cui giovani di destra e sinistra si prendevano a sprangate -, è il nesso tra obbligo di Green pass e libertà. Libertà che finisce dove inizia quella degli altri, ma presuppone non solo autoconsapevolezza da parte dei cittadini, ma anche un’ingerenza discreta da parte dello Stato, come è nella tradizione anglosassone e si veda la resistenza dei britannici ai vincoli – seppur necessari - contro la pandemia.

Di fatto le proteste, molto violente, di piazza anti Green pass da un lato, e dall’altro il ritorno di un forte antifascismo, stanno lacerando il Paese – parte degli italiani, quindi dei nonni e dei bisnonni, furono più o meno dichiaratamente fascisti durante il Ventennio, cosa che si può anche nascondere se si vuole, ma che sanno bene figli e nipoti. Per giunta c’è la possibilità di emarginazione di Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni, in uno scenario politico con lo schieramento del 90% del Parlamento a sostegno del Governo di Mario Draghi, del resto indicato dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, per affrontare l’emergenza pandemia e la gestione dei fondi europei di Next Generation EU, di cui l’Italia riceve i maggiori contributi rispetto agli altri Paesi membri.

Per non essere fraintesi, va chiaramente detto che comunismo e fascismo sono entrambi totalitarismi, con un partito unico, antidemocratici; il comunismo ha fatto più morti del fascismo, ma il peggio ineguagliabile e indicibile lo ha toccato il fascismo con le leggi razziali, promulgate per assecondare il nazismo, un orrore, imperdonabile per sempre. Dall’altra parte la tradizione comunista  con la sua aspirazione di liberazione delle masse (fino all’800 i possidenti terrieri russi mettevano la museruola ai contadini perché non mangiassero l’uva che raccoglievano), assecondata da una visione secondaria del cristianesimo, il cui primo messaggio è l’immortalità dell’anima e non la giustizia sociale (di qui l’italianissimo equivoco catto-comunista), è alla base della cultura politica nazionale; solo la nostra Costituzione, come quella della ex Repubblica Democratica Tedesca (la ex Germania Est comunista), parla di Repubblica fondata sul lavoro (che dovrebbe essere una conquista meritocratica) - mentre quella Usa asserisce di diritto alla felicità…  insomma, un abisso - e così il segretario della Cgil Maurizio Landini, che abbraccia Mario Draghi, argomenta di “passato che non ritorna”. Quale passato? Il fascismo, come il comunismo non torneranno più, agli italiani servirebbe maggiore conoscenza dell’ebraismo e della meritocrazia nel senso politico liberale del termine.