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Politicamente scorretto
Così i tifosi abbandonano il calcio. Higuain alla Juventus: tutta la verità

Gonzalo Higuain centravanti del SSC Napoli passa alla rivale storica, Juventus FC, per la cifra di 90 milioni di euro.
Il club bianconero paga la clausola rescissoria stabilita e fa indossare per le prossime stagioni la sua casacca al giocatore argentino ultimo capocannoniere della Serie A.
L'ingaggio che percepirà Higuain dovrebbe aggirarsi attorno i 7, 5 milioni per stagione.
Notizia che ha provocato un enorme clamore nell'ambiente del calcio italiano per la cifra pagata (la più alta) e per l'approdo sotto la Mole del calciatore che incarnava il ruolo dell' antagonista principale dei campioni d'Italia in carica.
In realtà, questo trasferimento milionario non è una "notizia"; non è un avvenimento eclatante da creare un battage mediatico da parte dei mass-media e scalpore nell'opinione pubblica.
E' la "normalità" del calcio moderno.
In tutte le sezioni di calcio mercato vi sono questo genere di trasferimenti che si sottoscrivono tra i club delle leghe professionistiche europee; dalla milionaria Premier League inglese, alla Liga spagnola, fino ad arrivare alle squadre top-level della Bundesliga tedesca o della Ligue 1 francese.
Anche in Italia si è ripreso ad "investire" cifre milionarie a tre zeri per rinforzare le compagini di vertice e tentare di primeggiare nell'ambita, milionaria, munifica, Champions' League; la "gallina dalle uova d' oro" che elargisce milioni di euro tra sponsor, diritti televisivi, premi alle voraci casse senza fondo delle società calcistiche europee.
Questo è il trend ; la "normalità" del calcio di oggi.
Ecco, appunto il calcio di oggi.
Il calcio, sport professionistico, che di sportivo non possiede quasi più nulla, eccezion fatta per le regole del gioco vecchie di un secolo e mezzo (seppur modificate in parte, per uso e consumo delle televisioni, deus ex machina di tutto il carrozzone), si è trasformato in "impresa", in un'azienda economica con un preponderante scopo di lucro.
I valori reali a cui si ispirano, società, calciatori, procuratori dei calciatori, sponsor, televisioni, intrallazzatori, vari, faccendieri, intermediari, e chiunque altro personaggio orbiti attorno la galassia calcio, sono i valori espressi dalla filigrana delle banconote, dalle cifre impresse sui bonifici bancari.
Niente di nuovo, quindi; il faraonico trasferimento di Higuain è nella normalità delle cose.
Una realtà che pare distante "anni luce" da quel calcio estinto due decenni fa.
Un calcio in cui la storia dei club era sacra; i calciatori "bandiere", i capitani, i difensori degli stemmi non si acquistavano e non si vedevano per rispetto della passione e dell'amore dei tifosi; un valore imprescindibile e intaccabile da qualunque cifra di denaro.
Inutile fare esempi di cosa rappresentavano, prima di chi fossero, quelle "bandiere"; quali valori esprimevano i Barbieri, i Riva, i Rivera, i Mazzola, i Bulgarelli, i Furini, i Maradona, i Baresi, ecc., per arrivare ai Totti, ai Maldini (eccezioni del nuovo calcio).
Ma non solo i calciatori, ma anche i presidenti di quel calcio erano il baluardo della passione.
Presidenti mecenati che amavano la loro città, la loro squadra, che erano loro stessi i primi tifosi e difensori dei colori sociali.
Come direbbe gli antichi latini modus in rebus per restare all'interno di un comprensibile limite.
Il limite, invece, è stato abbondantemente superato. 
Purtroppo il "vecchio calcio" è defunto e la vicenda Higuain non ha nulla di nuovo e di eclatante a prima vista.
A prima vista, osservando solo la patina dorata che ricopre tutto il globo pallonaro.
Invece, sotto quella vendita, sotto quel vil denaro, sotto il velo dell'apparenza si cela un elemento importante, un fondamento che i CEO, gli AD del calcio non vedono e non comprendono.
E sì, perchè sotto il "forziere paperonesco" del calcio sta emergendo la tenace sommossa dei tifosi che difendono strenuamente la loro passione.
Una protesta espressa con l'abbandono sempre più massiccio degli spalti, della sottoscrizione degli abbonamenti alle pay-tv e dell'allontanamento dal merchandising sfrenato che vuole schiavizzare le menti dei tifosi.
Odo già le sprezzanti e snobbistiche critiche di coloro che sono omologati al "pensiero dominante", al potere del marketing, delle pay-tv, delle lobbies che tacciano come antiquata, preistorica, antistorica quella lamentela che ha nostalgia di un mondo ormai "spazzato via" dall'impetuosa onda del calcio moderno.
Errore marchiano, errore capitale (in tutti i sensi), grave miopia di lor signori.
La passione dei tifosi è la loro linfa vitale.
Cercano in  tutti i modi di trasformarla in fidelizzazione come qualunque altro settore merceologico, ma il tifo, la passione, la storia, il blasone, l'attaccamento viscerale ai colori delle maglie, l'amore eterno che contraddistingue i tifosi, i "veri tifosi", non  potrà mai essere "incatenata" e sfruttata per il loro mercimonio.
Sono così accecati dal luccichio dell'ologramma della carta filigranata, dal tintinnio del metalli preziosi, che non vedono e non odono le proteste, le lamentele, le "minacce" sempre più tangibili di abbandono totale degli spalti, e degli schermi televisivi.
No, l'incendio che si sta propagando, le fiamme e il fumo che si alzano sempre più alti, non li scorgono, non li vedono.
Credono che sia un "fuoco fatuo"; un fuoco di paglia che si possa estinguere facilmente gettando un po' di acqua e di schiuma negli occhi dei tifosi, con promesse vacue e con i loro effetti speciali privi di alcun valore vero.
Beh, l'incendio alimentato dalla passione farà piazza pulita dei loro effimeri valori, e sui terreni arsi risorgerà come una fenice il calcio vero quello che noi tifosi abbiamo sempre amato.
 
Massimo "old-football" Puricelli
Castellanza (VA)

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