Politica

Al Mausoleo di Tito a Belgrado crescono gli "jugoslavi del futuro"

 

Roma, 22 mag. (askanews) - In fila davanti al mausoleo di Tito a Belgrado, uomini e donne, molti pensionati, con indosso uniformi della Seconda Guerra Mondiale decorate da simboli comunisti, rendono omaggio al "Maresciallo", leader dell'allora Jugoslavia socialista fino al 1980, anno della sua morte (il 4 maggio). "Allora avevamo più democrazia di ogni altro paese al mondo. La classe operaia viveva la sua vita, mentre sfaticati e ladri erano in prigione", afferma Karlo Kuzmanov, 81 anni, pensionato serbo nostalgico dell'era di Tito. "Io sono jugoslavo. Mi chiedono che nazionalità sono, dico loro che sono macedone e la mia cittadinanza è jugoslava; è tutto quello che so, fino alla morte", aggiunge Zivko Mitrev, pensionato della Macedonia del Nord, 78 anni.Decenni dopo che la Jugoslavia si è dissolta, in processione dal compagno Tito si vedono anche persone più giovani, preoccupate - dicono - per la perdita di una federazione che un tempo teneva unita una regione molto divisa. "Il regno di Rutenia è finito da tempo, ma i ruteni esistono ancora - afferma Dasko Milinovic, 43 anni, conduttore radiofonico - anche la Valacchia non si vede più da un po'. I rom, per quanto ne so, non hanno mai avuto un Paese, ma ciò nonostante sono ancora rom. L'idea di un limite temporale che annulli l'esistenza di una nazione è assolutamente priva di senso"."Noi non siamo ex jugoslavi, noi siamo il futuro della Jugoslavia. Questa è una storia di una futura Jugoslavia, non di una ex".Mentre il nazionalismo è sempre più radicato in Serbia e in molti Paesi balcanici, un numero sempre maggiore di persone si sono fatte registrare come "jugoslavi" durante un recente censimento.