Coronavirus
Covid, le cellule T danno immunità: 20-50% della popolazione si protegge così
La speranza: molte persone sviluppano un’immunità di anni con le cellule T. Il tema torna d’attualità per proteggere dalle varianti e sconfiggere il coronavirus
Diversi ricercatori, tra cui quelli citati dallo studio di Nature, hanno analizzato i dati degli studi clinici per diversi vaccini contro il Coronavirus, per cercare indizi sul fatto che la loro efficacia svanisca di fronte alla variante 501Y.V2. Finora, almeno tre vaccini: un vaccino proteico prodotto da Novavax di Gaithersburg, nel Maryland, un vaccino a iniezione singola prodotto da Johnson & Johnson di New Brunswick, New Jersey, e un vaccino prodotto da AstraZeneca di Cambridge, Regno Unito, e l'Università di Oxford, Regno Unito, sono stati meno efficaci nel proteggere dal Covid-19 lieve in Sud Africa, dove domina la variante 501Y.V2, rispetto ai Paesi in cui tale variante è meno comune.
Quindi con uno studio più approfondito sulle cellule T si potrebbe arrivare a vaccini più efficaci.
Una delle ricercatrici che ha maggiormente contribuito a questa scoperta è Alba Grifoni, romana che lavora nel laboratorio di un collega, anche lui di origini italiane, Alessandro Sette del Centro per l'autoimmunità, l'infiammazione, le malattie infettive e la ricerca sui vaccini de La Jolla Institut di San Diego. Anche il professor Anthony Fauci, ha confermato che questo tipo di "lavoro è quello che dobbiamo davvero portare avanti".
La scoperta fondamentale di Grifoni è che il 50% delle persone non esposte a Sars-CoV-2 ha già cellule T in grado di riconoscere il virus. I test di ricerca effettuati da La Jolla Institut sono stati eseguiti soprattutto su pazienti in California (95%). I campioni di sangue sono stati raccolti 20-35 giorni dopo l'insorgenza dei sintomi da pazienti Covid-19 non ospedalizzati che non erano più sintomatici.
Il sistema immunitario è molto flessibile. Ma la reattività persistente è un'arma che si potrebbe usare come mezzo per proteggere numeri più vasti di popolazione e uscire da questa fase.
E’ lo stesso processo che all’inizio della pandemia ci aveva segnalato il professore Giulio Tarro dopo aver appreso di tantissimi casi di persone in Corea del Sud che colpite dalla prima Sars nel 2003, grazie alla presenza delle cellule T, non si reinfettavano con l’attuale Sars-Cov-2.