Coronavirus

Covid, speranza di vita scende a 82 anni: almeno 99mila morti più delle attese

Nel 2020 a causa della pandemia la speranza di vita degli italiani è scesa di 14 mesi. Come si legge nel report dell'Istat sugli indicatori demografici del 2020, per effetto del forte aumento del rischio di mortalità, specie in alcune aree e per alcune fasce d'eta', che ha dato luogo a 746 mila decessi (il 18% in piu' di quelli rilevati nel 2019), la sopravvivenza media nel corso del 2020 appare in decisa contrazione.

La speranza di vita alla nascita, senza distinzione di genere, scende a 82 anni, ben 1,2 anni sotto il livello del 2019. Per osservare un valore analogo occorre risalire al 2012. Gli uomini sono piu' penalizzati: la loro speranza di vita alla nascita scende a 79,7 anni, ossia 1,4 anni in meno dell'anno precedente, mentre per le donne si attesta a 84,4 anni, un anno di sopravvivenza in meno. A 65 anni la speranza di vita scende a 19,9 anni (18,2 per gli uomini, 21,6 per le donne). La variazione annuale e' sostanzialmente uguale a quella riscontrata nella speranza di vita alla nascita ma ha un impatto relativo piu' importante, stante l'esiguita' della vita media residua sul quale un individuo puo' contare al 65 compleanno.

Tutte le regioni, nessuna esclusa, subiscono un abbassamento dei livelli di sopravvivenza. Tra gli uomini la riduzione della speranza di vita alla nascita varia da un minimo di 0,5 anni (vale a dire 6 mesi di vita media in meno) riscontrato in Calabria, a un massimo di ben 2,6 anni in Lombardia. Le regioni del Centro-sud registrano perdite inferiori, poiche' meno colpite dagli effetti della pandemia ma comunque importanti. In Abruzzo, Puglia e Campania, la riduzione di sopravvivenza per gli uomini e' di oltre un anno rispetto al 2019.

Ma e' soprattutto il Nord a pagare il prezzo piu' alto: oltre che nella gia' citata Lombardia, gli uomini registrano riduzioni rilevanti anche in Piemonte (-1,7 anni), Valle d'Aosta (-1,7), Liguria (-1,6), Trentino-Alto Adige (-1,6) ed Emilia-Romagna (-1,5). Lo schema si ripete tra le donne, anche se a un livello differente. Nelle regioni del Centro-sud si riscontrano variazioni piu' contenute, minime in Calabria e Basilicata (-0,3 anni) cosi' come nel Lazio e in Campania (-0,4). Si tratta comunque di perdite importanti, dell'ordine dei 3-5 mesi di speranza di vita in meno, ma di certo non paragonabili ai 2 anni pieni persi dalle donne in Lombardia o ai 2,3 anni persi in Valle d'Aosta, dove si riscontra la condizione piu' critica. 

Su base provinciale la correlazione tra la mappa della diffusione della pandemia e quella della sopravvivenza persa in base ad anni vissuti e' ancora piu' netta che su scala regionale. Emerge la specificita' di alcune aree del Paese, piu' colpite dalla pandemia nella sua fase di esplosione iniziale. Tra queste, la provincia di Bergamo, dove per gli uomini la speranza di vita alla nascita e' piu' bassa di 4,3 anni rispetto al 2019, e le province di Cremona e Lodi, entrambe con 4,5 anni in meno. In queste tre specifiche realta' sono ingenti anche le variazioni riscontrate tra le donne: -3,2 anni per Bergamo e -2,9 anni per Cremona e Lodi.

Dati, questi ultimi, che arretrano le lancette del tempo al 2003. Altra realta' fuori dai confini lombardi, ma strettamente contigua, e' quella della provincia di Piacenza, dove si registrano riduzioni della speranza di vita alla nascita nella misura di 3,8 e 2,8 anni, rispettivamente per uomini e donne. Oltre a questi casi piu' eclatanti, il quadro provinciale presenta molte situazioni nelle quali la perdita di sopravvivenza arriva a superare i due anni. Per gli uomini si tratta delle province di Vercelli, Alessandria e Biella in Piemonte, delle restanti province lombarde ad eccezione di Monza (che si ferma a -1,7 anni) e delle province di Pordenone, Parma e Pesaro-Urbino. Nel Mezzogiorno le sole province con un calo della speranza di vita superiore ai due anni sono Foggia ed Enna. Per le donne, data la relativamente minore aggressivita' della pandemia, sono molte meno le province con una simile portata di riduzione. Tra queste, oltre a quelle gia' menzionate, rientrano quelle lombarde di Brescia e Lodi.

Covid, almeno 99mila morti più del previsto

Secondo il Sistema di sorveglianza nazionale integrata dell'Istituto superiore di sanita', nel corso del 2020 sono stati registrati 75.891 decessi attribuibili in via diretta a Covid-19. Cosi' l'Istat nel report relativo agli indicatori demografici. Tuttavia, spiega l'Istat, come gia' evidenziato, l'incremento assoluto dei decessi per tutte le cause di morte sull'anno precedente e' stato pari a +112 mila. Cosi', se da un lato l'Istat ipotizza che parte della mortalita' da Covid-19 possa essere sfuggita alle rilevazioni, dall'altro e' anche concreta l'ipotesi che una parte ulteriore di decessi sia stata causata da altre patologie letali che, nell'ambito di un Sistema sanitario nazionale in piena emergenza, non e' stato possibile trattare nei tempi e nei modi richiesti.

In attesa di ulteriori approfondimenti l'Istat ha effettuato valutazioni di massima: se, ad esempio, nel corso del 2020 si fossero riscontrati i medesimi rischi di morte osservati nel 2019 (distintamente per sesso, eta' e provincia di residenza e applicati ai soggetti esposti a rischio di decesso4) i morti sarebbero stati 647mila, ossia soltanto 13mila in piu' rispetto all'anno precedente, invece dei 112 mila registrati. Ne consegue che la mortalita' indotta direttamente/indirettamente da Covid-19 ammonta a 99mila decessi, un livello che puo' considerarsi come limite minimo. Infatti, nei primi due mesi del 2020, in una fase antecedente alla diffusione del virus, i decessi sono stati 6.877 in meno rispetto agli stessi mesi del 2019. L'Istituto ha quindi ipotizzato che senza la pandemia i rischi di morte sarebbero stati inferiori e non, come qui e' ipotizzato ai fini del calcolo, precisamente eguali.