Coronavirus

Covid, variante Delta: c’è da avere paura? Ecco le nuove scoperte e gli studi

di Antonio Amorosi

I vaccini sono efficaci contro la variante Delta? Al 64%. Perché bisogna convivere con Covid e capire che i governi in autunno decideranno...

C’è da avere paura della variante Delta? Cosa dicono gli studi? Cosa accadrà nelle prossime settimane? E nell’autunno prossimo?    

Nel Regno Unito con un’impennata di 27.646 nuovi casi positivi alla Sars-Cov-2, a fronte del 50,1% della popolazione completamente vaccinata e del 67,7% che ha ricevuto almeno una dose, la variante Delta (o B.1.617.2) sta mostrando il suo potenziale ed è diventata dominante nel Paese. 

La variante Delta ha dato probabilmente un’accelerazione alla seconda ondata in India ed è stata identificata in almeno 100 Paesi. Secondo l'OMS è la variante più contagiosa. Ma adesso vi sarebbe in giro anche una variante della variante: la Delta plus, ancora più contagiosa . Per questo l’Organizzazione mondiale della sanità ha esortato anche le persone vaccinate a indossare comunque la mascherina.

Gli scienziati stanno attualmente studiando le ragioni di questa apparente trasmissibilità migliorata della variante. Ci sono già alcuni segni che piccoli cambiamenti nella proteina spike delle varianti possono aumentare la sua capacità di legarsi al recettore ACE2 che utilizza per ottenere l'ingresso nelle cellule umane.

Anche in Israele si è presentato lo stesso problema. Il governo ha comunicato che la vaccinazione, con le due dosi, ha interessato di 5 milioni e 177 mila di persone su 9 milioni di abitanti ma la variante Delta si è diffusa lo stesso, anche se con numeri ridotti. Il direttore generale del ministero della Salute, il prof. Chezy Levy, ha annunciato una settimana fa le sue dimissioni. E’ notizia di oggi, e lo ha riferito Yaniv Erlich, scienziato israeliano-americano, professore associato alla Columbia University, che l'efficacia di Pfizer per la protezione contro “la variante Delta scende al 64% dal 94% contro altri ceppi. Ciò ha importanti implicazioni per l'immunità di gregge e la capacità del virus di evolversi ulteriormente". Israele ha segnalato in queste ore 327 nuovi casi di Sars-Cov-2.

Giorni fa lo scienziato statunitense Yaneer Bar-Yam che si occupa di pandemia da 15 anni ed è specializzato in sistemi complessi, consigliere sull’Ebola degli Stati africani dell’ovest, ha affermato che “se sei vaccinato hai le stesse possibilità di una persona non vaccinata che l'infezione da Covid provochi ricovero in ospedale, malattia grave o morte”.

Di certo sappiamo che non ci sono più morti con la variante Delta rispetto alla Sars-Cov-2 originaria. Non ci sono ancora stati abbastanza decessi per confrontare sistematicamente quelli associati al Delta e ad altre varianti, dopo aver escluso altre potenziali cause. Uno studio pubblicato il 21 giungo dal The British Medical Journal a firma Adrian O'Dowd sostiene che “i casi di variante Delta aumentano del 79%, ma il tasso di crescita rallenta”.

I dati sono ancora in via di accertamento.

Al 14 giugno, il Regno Unito aveva riportato 42 decessi tra le persone infette dalla variante Delta. E’ stata fatta un’analisi di questi casi. Dei 42, 23 erano individui non vaccinati, 7 erano persone che avevano ricevuto una prima dose di vaccino e 12 erano individui completamente vaccinati. Come si siano infettati e quale incidenza abbia avuto la loro condizione di salute sull’evoluzione della malattia resta per ora un’incognita. Tuttavia coloro che hanno ricevuto 2 dosi di vaccino nel Regno Unito tendono ad essere più anziani e clinicamente più vulnerabili, rendendo difficile esaminare l'impatto della variante Delta sui tassi di mortalità, almeno in questa fase.

Per quanto alcuni esperti sostengano che ci sarà bisogno in autunno di una terza vaccinazione e una per proteggersi dalla variante Delta, non si hanno ancora dati sufficienti per capire se la scelta possa avere senso. Dovrebbe diventare tutto più chiaro con la diffusione della variante Delta e con la diffusione degli stessi vaccini COVID-19.

Se gli studi di laboratorio non sono ancora in grado di spiegare quanto stia accadendo appare palese che in questi stessi giorni, un anno fa, senza la diffusione dei vaccini presso la popolazione, il contagio aveva numeri significativamente più bassi in alcuni Paesi, come il Regno Unito, o leggermente più bassi (vedi Italia e Israele).

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La mole di fattori in campo fa pensare che la situazione sia più complessa di quanto i decisori dentro i sistemi sanitari colgano e che molto dipenderà, come sempre, dall’interpretazione che i governi daranno delle analisi degli scienziati. Il cambio delle condizioni climatiche in corso nelle aree dove c'è la variante, i raggi ultravioletti che uccidono il virus in pochi secondi, una diffusione della stessa e quindi un adattamento della popolazione al virus potrebbero essere fattori da tenere in considerazione più di quanto si è fatto finora.

Il primo segnale in questo senso è arrivato nelle scorse ore dal primo ministro del Regno Unito Boris Johnson. Per quanto i contagi aumentino il primo ministro ha tolto l’obbligo delle mascherine al chiuso e del distanziamento del 19 luglio e ha dichiarato: "Dovremo convivere con il virus come se fosse un'influenza"… “il Covid non se ne andrà mai”. Il governo del Regno Unito comunque pensa che per i vaccinati il rischio di ospedalizzazione con il ceppo Delta sia minore che per i non vaccinati.

Ma in autunno il quadro potrebbe cambiare ancora a fronte di un aumento dei contagi e di campagne mediatiche di allarme. Bisogna però ricordare che tutti gli anni a fronte di milioni di vaccinati all’influenza sono sempre morte migliaia di persone

In Italia i decessi per influenza in un anno si aggiravano intorno alle 34.000 unità normalmente (come nella stagione 2016-2017). Ma che fine abbia fatto l’influenza in queste annate di Sars-Cov-2 è un mistero. Che ci sia qualche confusione sull’analisi dei dati, come sostiene il governo svedese? E che i test PCR per tracciare il virus siano inattendibili?

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