Coronavirus
"Sindrome dell'untore". 30% di chi contagia ha sensi di colpa e va in terapia
Aumento esponenziale di pazienti affetti da questa nuova forma di malattia, che porta uno stato depressivo. Ha colpito molti medici, impegnati in prima linea
"Sindrome dell'untore". 30% di chi contagia ha sensi di colpa e va in terapia
Il Coronavirus non smette di far paura. Ad un anno dalla diffusione in Italia della pandemia la situazione non è migliorata molto. Resta alto il numero di contagiati, preoccupa la situazione negli ospedali e i morti giornalieri sono a tripla cifra ormai da mesi ininterrottamete. In più adesso ci sono le varianti che dilagano. La speranza è tutta riposta nei vaccini, ma le dosi sono poche e per una vera immunità di gregge il tempo non sarà breve. Le conseguenze di questo difficile momento si ripercuotono sulle persone, a tal punto che stanno nascendo anche nuove patologie, dettate da stati depressivi, in conseguenza al Covid e ai suoi effetti. Alla Pitié Salpetrière di Parigi, - si legge sul Messaggero - l'unità di sostegno psicologico si è arricchita di una «cellula etica» per aiutare «gli untori».
Anche in Italia, le strutture che si occupano di supporto psicologico post Covid si ritrovano a doversi prendere cura di pazienti che soffrono di disturbi legati alla paura di aver contagiato una persona cara. «Normalmente quando uno fa del male involontariamente ad un'altra persona - spiega al Messaggero Gabriele Sani , professore di psichiatria dell'Università Cattolica di Roma - c'è grande dispiacere. Laddove si sviluppa un senso di colpa è giusto andare ad indagare la presenza di un vero e proprio quadro di alterazione psicopatologica, verosimilmente di tipo depressivo. Le persone che manifestano il disturbo post traumatico da stress - riflette Sani - sono circa il 30 per cento, inoltre il 50 per cento dei pazienti sviluppa sintomi di ansia e depressione». I primi a manifestare i disturbi legati alla paura di contagiare sono stati gli operatori sanitari. «Svolgendo un lavoro a rischio, medici e infermieri hanno paura di portare il virus, senza rendersene conto, in un ambiente casalingo".