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Costume
"Felicità" di Micaela Ramazzotti al Festival di Venezia
Lily James

“Nella mia carriera”, continua, “mi è sempre piaciuto raccontare le storie di persone che non riescono a vivere bene in questo mondo ed intraprendono percorsi di psicoterapia: è come puntare un faro verso le persone più fragili, su chi si alza la mattina già stanco perché l’infelicità rende stanchi, depressi mentre la felicità che dura un attimo accende gli animi. Mi piacerebbe che questo film riuscisse a condividere con lo spettatore l’idea dell’emancipazione come distacco dalle famiglie tossiche. Desirè, il personaggio che interpreto, è la sola che può salvare suo fratello Claudio (Matteo Olivetti) e lotta contro tutti in nome dell’unico amore che conosce per raggiungere un po’ di felicità. Lei racchiude tutte le donne fragili che ho interpretato nella mia carriera. Recitare e dirigere insieme mi ha divertita molto: ho tagliato in fase di montaggio molte scene in cui non mi piacevo!”.

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Ma oggi è stato anche il giorno di “Finalmente l’alba” di Saverio Costanzo, secondo film italiano in concorso a Venezia80 ambientato in una Cinecittà anni 50 quando i set dei film storici pullulavano di registi americani e comparse romane. Ideato partendo da un fatto di cronaca, il delitto di Wilma Montesi del 1953, il film non è un giallo ma una pellicola di riscatto e speranza incarnata da Rebecca Antonacci, nel ruolo di Mimosa, una ragazza ingenua che, rincorrendo il sogno di diventare attrice, vive una notte folle nell’ambiente della dolce vita che la trasformerà in donna.

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