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Lavoro: i 5 errori che possono trasformare un capo in un pessimo capo

Esiste un modo per capire che è proprio arrivato il momento fatidico di lasciare il proprio posto di lavoro? Forse no, però molto spesso la motivazione più gettonata, soprattutto dai lavoratori con maggiore talento, è “non sopporto più il capo”.

“Può sembrare una spiegazione assurda e superficiale – dichiara Francesca Contardi, Docente di Gestione delle carriere: ricerca, selezione, coaching e training delle persone all’Università LIUC di Castellanza – ma non sono pochi i casi in cui il dipendente, prima di lasciare il suo lavoro, lascia il suo capo. E questo dipende da alcuni atteggiamenti o errori, più o meno involontari, che, a lungo andare, possono spingere i migliori a cambiare azienda”.

Ma quali sono gli errori più comuni?

Carichi di lavoro eccessivi. Se escludiamo gli sporadici momenti con picchi di lavoro straordinari che capitano in qualsiasi azienda, è indubbio che affidare sempre i compiti extra ai membri più talentuosi del team (che sono poi quelli di cui solitamente ci si fida di più) alla lunga diventa controproducente perché può suonare come una punizione. Se proprio non si può fare a meno di aumentare i carichi di lavoro, è consigliabile proporre – quando possibile – promozioni.

Poca (o nulla) considerazione dei propri dipendenti e dei loro risultati. È importante che ogni manager dedichi tempo ai membri del proprio team e ne riconosca le performance. Sapere di essere apprezzati dal proprio capo e avere la certezza che il lavoro venga riconosciuto (in molti casi basta una parola) è fondamentale e crea un ambiente più sereno. Non meno importante, inoltre, è l’attenzione alla persona: i capi che si dimostrano capaci di entrare in empatia con i loro dipendenti creeranno team più affiatati e più legati a loro e all’azienda.

Promesse ed impegni non onorati. Non c’è cosa peggiore che sentirsi presi in giro dal proprio capo, magari senza alcuna spiegazione. Un capo che sa mantenere la parola data godrà di grande stima e fiducia perché dimostra di essere una persona onesta.

Promozioni o assunzioni sbagliate. Lavorare insieme a professionisti capaci è gratificante per tutti. Inserire in un team una risorsa poco valida demotiva fortemente tutti gli altri membri. E la situazione diventa ancora più grave quando il dipendente di talento viene scavalcato da un collega – o da un nuovo assunto – e non ottiene la promozione per cui ha lavorato duramente e che è convinto di meritarsi più di ogni altro.

Scarsa valorizzazione delle abilità, annientamento della creatività e assenza di stimoli. È compito del buon manager, e non del lavoratore, fare in modo che ogni membro del team sia messo nelle condizioni di esprimere sempre al meglio le proprie capacità. Spetta sempre al manager dare ai propri dipendenti nuovi stimoli, nuovi strumenti (corsi di formazioni e/o aggiornamento) e nuove sfide. Se non si alimentano la curiosità e la loro voglia di cambiamento, i lavoratori migliori inizieranno a sentirsi soffocati e tenderanno ad andarsene. Invece di fissare obiettivi canonici, standard e mediocri, meglio sfidare le persone di talento ad uscire dalla loro comfort zone.